venerdì 22 febbraio 2008

Lavoratori di ventura (Marco Buzzo da Villach, Austria)

buzzo Cari Andrea e Mauro, ho apprezzato in un programma radiofonico un abbozzo delle storie che raccontate nel vostro libro "Scienziati di ventura". Vorrei sottolineare la presenza di un altro fenomeno o meglio una sua sfumatura: i "lavoratori in fuga".
Il giorno in cui ho sostenuto il colloquio di assunzione per il dottorato al Politecnico di Zurigo (ebbene sì, un colloquio con il professore a capo del dipartimento, non un concorso!), sono rimasto stupito dal fatto che sebbene si parlasse ufficialmente l'inglese per districarsi nella babele linguistica, nei corridoi si parlasse in realtà l'italiano. Ancora più sorprendente era la massiccia presenza di sardi, che colonizzavano tre piani dell'istituto.
A parte la vita accademica, anche quella produttiva mi ha consentito di incontrare centinaia di espatriati. Nel solo stabilimento in cui lavoro attualmente, abbiamo oltre 60 italiani, che sono ancor di più nel quartier generale.
In questi anni di lavoro all'estero, nonostante il mio baricentro sia stato in Austria, ho avuto l'opportunità' di lavorare in Europa, America e Asia, incontrando sempre tantissimi italiani. Tra gli incontri casuali più sorprendenti annovero quello con un ricercatore di Barisardo a Pittsburg (PA) o con un insegnante di Sassari a Tokyo.
Nell'ambito della fisica e dell'elettronica l'Italia ha una grande e radicata tradizione culturale, ma dal punto di vista produttivo è un gigante decaduto (ricordo da bambino l'Olivetti che faceva concorrenza all'IBM!). A chi si è specializzato in questi settori e vuole dare un contributo non resta che guardare oltre le alpi e il mare. Oggi esiste una massiccia emigrazione di cervelli che contribuiscono alla crescita di realtà produttive situate al di fuori dei confini nazionali, le quali si arricchiscono a spese del nostro sistema scolastico e universitario. Il risultato è un progressivo impoverimento del sistema Italia.
Recentemente ho partecipato a un incontro col patronato INCA per discutere delle tematiche inerenti gli italiani all'estero. E' stato interessante notare che dal punto di vista istituzionale sembra che l'Italia non riconosca questa massiccia emigrazione. L'italiano all'estero è sempre un operaio, un minatore, un cameriere... e non come un medico specializzato, un manager, un ingegnere.
La maggior parte di coloro che ho incontrato considerano la loro esperienza estera una parentesi e sognano di poter un giorno tornare per mettere a frutto le proprie competenze, laddove sono le proprie radici e spesso anche le famiglie d'origine.
Ma il tempo passa, e tornare e' sempre più difficile. Tornare spesso significa scendere a compromessi e rinunciare a tante conquiste (stipendio giusto, sistema meritocratico, servizi efficienti, sicurezza sociale e per le strade...) che l'Italia oggi non sembra in grado di garantire.
Marco Buzzo
PhD in Fisica dei Semiconduttori
Technical Marketing per dispositivi MOSFET, Infineon Technologies (Austria)
22 febbraio 2008

giovedì 21 febbraio 2008

Negli atenei via la Bossi-Fini (La Repubblica, 21 febbraio 2008)


Recepita la direttiva europea sull'ammissione dei cittadini di paesi terzi per la ricerca. Da oggi gli istituti potranno chiedere l'ingresso fuori quota, evitando lunghe trafile. Più facile l'ingresso per i ricercatori

L'odissea di Bulat Sanditov finì sui giornali. Brillante ricercatore russo, con in tasca due dottorati di ricerca e la prospettiva di una lunga carriera davanti, fu costretto a lasciare l'Italia, sfinito dagli ostacoli burocratici della legge Bossi-Fini. "Too much" aveva detto, lasciando a malincuore la borsa di studio e l'incarico all'università Bocconi di Milano per un posto in Olanda, dove tutto era più facile. Troppe le difficoltà per avere i documenti per poter rimanere legalmente in Italia. Almeno Bulat era riuscito ad arrivare: molti altri ricercatori stranieri non riescono neppure a venirci in Italia, bloccati dalla trafila per ottenere il permesso di soggiorno. Ma ora le cose cambiano: con il decreto legislativo 17/2008, che entra in vigore da oggi, i cittadini extracomunitari che vorranno soggiornare in Italia per scopi di ricerca, potranno entrare al di fuori della Bossi-Fini, fa sapere il ministero dell'Università e della Ricerca.
Con il recepimento della direttiva europea sull'ammissione di cittadini di paesi terzi ai fini di ricerca scientifica, gli istituti portanno stipulare convenzioni di impegno per i cittadini stranieri, e chiedere il visto per loro - evitando quindi spiacevoli trafile - che avrà validità per il tempo stabilito per il programma di ricerca, senza andare ad intaccare le quote previste per gli altri lavoratori extracomunitari. In pratica, quindi, ora il singolo istituto potrà chiedere direttamente allo Sportello Unico, fuori quota, l'ingresso per ragioni di ricerca.
[SEGUE...]

mercoledì 6 febbraio 2008

MIUR: imminente decreto borse di studio dottorandi.

Ministero dell'Università e della Ricerca - Comunicato stampa - Roma, 6 febbraio 2008
Il Ministero dell’Università e della Ricerca, in riferimento alle richieste dell’ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), conferma che è prevista a breve l’emanazione del decreto relativo all’incremento dell’importo delle borse di studio dei dottorandi di ricerca. Il regolamento che riordina la disciplina dei corsi e delle scuole di dottorato è stato già trasmesso al Consiglio di Stato.

martedì 5 febbraio 2008

Bloccare la fuga di cervelli, più fondi alla ricerca

Bloccare la fuga di cervelli, più fondi alla ricerca
Ricerca e innovazione - 31-01-2008 - 12:01
Il Parlamento esorta gli Stati membri a spendere il 3% del PIL a favore della ricerca, anche per impedire un’ulteriore fuga di cervelli dall’UE. Occorre poi promuovere, anche finanziariamente, una maggiore mobilità dei ricercatori, il miglioramento delle infrastrutture e il coordinamento tra le varie iniziative a livello europeo. Se è importante favorire la condivisione della conoscenza, va però istituito un brevetto comunitario che stimoli la ricerca nel settore privato.
Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha confermato l'obiettivo di reare uno Spazio europeo della ricerca (SER) che comprenda un mercato interno per la ricerca, in cui possano circolare liberamente i ricercatori, la tecnologia e le conoscenze. Lo Spazio comune deve anche portare a un effettivo coordinamento a livello UE di attività, programmi e politiche nazionali e regionali di ricerca e il finanziamento e l'attuazione di iniziative a livello UE. Il Consiglio europeo ha inoltre fissato l'obiettivo di portare la spesa globale per la R&S, entro il 2010, al 3% del PIL dell'UE (2/3 del quale dovrebbero provenire dal settore privato).

Approvando con 502 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astensioni la relazione di Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT), il Parlamento deplora anzitutto che il finanziamento della R&S nell'UE «è ancora molto lungi dall'obiettivo di Lisbona pari al 3% del PIL». Osserva infatti che la spesa media UE «è di appena l'1,84% del PIL rispetto al 2,68% negli USA e al 3,18% in Giappone». Notando che le spese variano dallo 0,39% in Romania al 3,86% in Svezia, sottolinea l'importanza di incrementare la spesa media nonché il volume della spesa in taluni Stati membri, focalizzando meglio la ricerca diversificata e gli sforzi di sviluppo in tutta l'Unione, in particolare allo scopo di facilitare la transizione verso l'economia digitale.

Ritenendo inoltre «essenziale» creare un mercato unico del lavoro per i ricercatori, il Parlamento sottolinea l'importanza di «impedire ulteriori deflussi di ricercatori europei competenti». Chiede quindi l'adozione di idonee misure per trattenere e far rientrare i ricercatori nell'UE, «in particolare assicurando ampie prospettive di carriera e condizioni di lavoro attraenti». Nell'appoggiare vivamente la Carta europea dei ricercatori e il Codice di condotta per la loro selezione (quali strumenti atti ad accrescere l'attrattiva del SER per i ricercatori), sottolinea la necessità di definire ed introdurre un unico modello europeo di carriera nell'ambito della ricerca e di instaurare un sistema integrato di informazione sulle offerte di posti di lavoro e sui contratti di formazione in materia di ricerca in Europa.
I deputati si dicono inoltre favorevoli all'aumento della mobilità geografica dei ricercatori «allo scopo di realizzare la condivisione delle conoscenze e promuovere il trasferimento di tecnologia». A tal fine, chiedono di arricchire i programmi post-laurea e di dottorato e di considerare il lancio di borse e di programmi di formazione post-dottorato basandosi sul programma Erasmus. Sollecitano poi l'eliminazione di tutte le restrizioni transitorie alla libera circolazione e delle barriere nazionali, «come uno scarso riconoscimento e portabilità dei diritti sociali acquisiti, svantaggi fiscali e difficoltà nel trasferire le famiglie». Nel proporre di ricorrere a un sistema di buoni in materia di ricerca che assicuri risorse finanziarie supplementari, ritengono anche necessario accordare sostegno ai giovani ricercatori, in modo da garantire che continuino a ricevere borse di studio quando cambiano sede di lavoro all'interno dell'UE. Occorre anche agevolare l’ingresso nell’UE dei ricercatori dei paesi terzi.
Il Parlamento si compiace dei progressi compiuti in materia di sviluppo di infrastrutture di ricerca mediante l'adozione della "Roadmap" per il Foro strategico europeo per le infrastrutture di ricerca (FSEIR). Ritiene tuttavia che occorra prevedere l'inserimento di nuovi strumenti e infrastrutture attualmente sviluppati dagli Stati membri, unitamente alle infrastrutture identificate dall'FSEIR. Vanno anche agevolati la creazione e il funzionamento di grandi organizzazioni e infrastrutture comunitarie di ricerca. Ma i finanziamenti alle nuove infrastrutture di ricerca paneuropee devono essere concessi «soltanto qualora non esistano infrastrutture nazionali di pari valore che forniscano analoghe opportunità di accesso ai ricercatori di altri Stati membri». I deputati, d’altra parte, riconoscono che l'EIT «rappresenterà un importante fattore per rafforzare l'infrastruttura di ricerca dell'UE».
I deputati ritengono che lo sviluppo di cluster regionali sia un importante strumento per conseguire una massa critica, riunendo università, enti di ricerca e l'industria e creando centri europei di eccellenza. Invitano poi la Commissione a stabilire un Forum europeo con la missione di identificare, sviluppare e sostenere le principali iniziative di ricerca paneuropee, come pure un sistema comune di revisione scientifica e tecnica per sfruttare meglio i risultati dei programmi europei. La Commissione dovrebbe anche garantire «la piena complementarità» tra le reti di eccellenza e le comunità virtuali di ricerca, «specificandone obiettivi, norme di funzionamento e di finanziamento». Nel ricordare il ruolo delle piccole e medie imprese come enti di ricerca, la relazione chiede di rafforzare, a livello europeo, la loro partecipazione alle attività di R&S, destinando loro almeno il 15% del bilancio del Settimo Programma Quadro (PQ7).
La Dichiarazione di Berlino sul libero accesso alla conoscenza delle discipline scientifiche e umanistiche, per il Parlamento, è «un esempio di come Internet abbia creato opportunità di sperimentazione con i nuovi modelli». Al contempo, sottolinea l'importanza di rispettare la libertà di scelta e i diritti di proprietà intellettuale degli autori (DPI). E, in proposito, condivide il concetto di "innovazione aperta", secondo il quale i settori pubblico e privato diventano partner a pieno titolo e condividono le conoscenze. Ma ritiene che «dovrebbe essere ufficialmente riconosciuta la regola di un compenso finanziario corretto ed equo per l'uso della conoscenza pubblica da parte dell'industria». D’altro canto, occorre ampliare gli incentivi concessi al settore privato per investire e partecipare alla ricerca.
I deputati si dicono poi convinti che l'incertezza giuridica e i costi eccessivi attualmente imposti nell'ambito dei diritti di proprietà intellettuale «contribuiscano alla frammentazione degli sforzi di ricerca in Europa». Rilevano, peraltro, che la legislazione sulla protezione dei DPI, compreso il diritto europeo in materia di brevetti, «non può costituire un ostacolo alla condivisione delle conoscenze». Richiamano poi l’attenzione sull'importanza di istituire un brevetto comunitario nonché un sistema giudiziario per i brevetti europei di alta qualità, che fornisca migliori incentivi per il coinvolgimento delle imprese private nella ricerca e rafforzi la posizione degli innovatori europei a livello internazionale. Anche perché gli obiettivi della strategia di Lisbona «non possono essere raggiunti senza un notevole aumento del coinvolgimento del settore privato nelle attività di ricerca».
Convinto che il minore interesse manifestato dalle giovani generazioni per gli studi scientifici e tecnologici sia strettamente legato all'assenza di cooperazione tra il settore privato e quello accademico, il Parlamento chiede di intensificare gli sforzi per promuovere regimi di collaborazione tra questi due settori e di migliorare l'insegnamento delle materie scientifiche a tutti i livelli dell'istruzione. Rammaricandosi poi per la mancanza di risorse umane nella ricerca in numerosi Stati membri, propone il lancio di iniziative volte a familiarizzare gli allievi ai lavori di ricerca in laboratorio e sul terreno nonché la promozione di metodi attivi ed investigativi di insegnamento che ricorrano all'osservazione e alla sperimentazione. Per promuovere e sostenere il dialogo tra gli scienziati e la società, infine, i primi dovrebbero rendere i risultati della propria ricerca «comprensibili a tutti e alla portata di tutti».
30/01/2008
Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT)
Relazione su nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca
Procedura: Iniziativa
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 31.1.2008