lunedì 17 novembre 2008

[FUGA DI CERVELLI] Un problema o una risorsa?

[FUGA DI CERVELLI] Un problema o una risorsa?
Salvatore D'Agostino

Il concetto di brain drain, letteralmente fuga di cervelli, fu formulato dalla Royal Society nel 1963 per spiegare il fenomeno degli scienziati e ricercatori inglesi che emigravano negli Stati Uniti. In seguito, la definizione più accreditata fu data da S. Commander «le migrazioni di personale qualificato da paesi in via di sviluppo a paesi sviluppati»
[SEGUE...]

Repubblica: appello scienziati in fuga

All'estero per la ricerca che non c'è raccontateci la vostra "fuga"

sabato 8 novembre 2008

Le facoltà di Scienze incontrano la stampa

Lunedi 10 novembre, alle ore 16,30, presso l'Aula Magna della Cittadella universitaria dell'Università di Cagliari (Monserrato) il Presidente della Conferenza Nazionale dei Presidi delle Facoltà di Scienze e Tecnologie (e Preside della facoltà di Scienze
dell'Università di Cagliari) Roberto Crnjar presenterà alla stampa il documento indirizzato al Governo e all'opinione pubblica in merito alle problematiche della
riforma universitaria.

giovedì 30 ottobre 2008

Un Paese che esilia i giovani talenti...

Un Paese che esilia i giovani talenti distrugge il suo futuro: ricercatori d'eccellenza costretti ad espatriare
di Salvatore Settis, il Sole24Ore.it 25 Ottobre 2008

Nell'autunno 1922 due navi tedesche (poi note come Philosophy Steamers) trasportarono da Pietrogrado alla Germania centinaia di intellettuali, la crema dell'intelligentsia russa pre-rivoluzionaria. «Una deportazione di cervelli senza precedenti» (Heller), che eliminava ogni scomoda opposizione in nome di un obbligato conformismo, e che inferse alla cultura russa un colpo mortale. Non fu un caso isolato. Ci sono ideologie, regimi, situazioni che rigettano gli intellettuali, la ricerca, il pensiero creativo (il caso meglio noto è quello della Germania nazista, ma anche l'Italia fascista fece la sua parte, con intellettuali ebrei e non). Non meno massiccia di quelle è l'emigrazione forzata di giovani talenti dalla prospera e smemorata Italia degli ultimi vent'anni: secondo l'Istituto di ricerca economica di Berlino (febbraio 2008), da anni il nostro Paese esporta migliaia di ricercatori e per ogni dieci che se ne vanno meno di uno viene, o torna, dall'estero. Ma in nome di che cosa i Governi italiani, in ammirevole sintonia bipartisan, s'industriano a favorire la diaspora dei migliori giovani dal Paese? Dietro questa ostinazione c'è un'ideologia, un progetto? C'è un'idea dell'Italia, del suo futuro?

I risultati del Consiglio europeo delle ricerche (Erc) sono un'allarmante cartina al tornasole. Erc è la nuova agenzia di ricerca dell'Unione Europea, che per distribuire i suoi 7,5 miliardi ha adottato una metodologia interamente basata sul talento degli studiosi e sul merito delle loro idee. Il primo bando, riservato ai ricercatori più giovani (con un tetto di 2,5 milioni a persona), si è chiuso qualche mese fa; il secondo, per gli studiosi più avanti in carriera (con un tetto di 3,5 milioni) si è chiuso in questi giorni. Quali i risultati italiani? Sia negli starting grants per i più giovani che negli advanced grants, l'Italia è stata prima per numero delle domande (1.760 su 9.167 nel primo caso (19,2%), 327 su 2.167 nel secondo (15%): sicuro indicatore che il Paese abbonda di ricercatori di ogni età, ma anche che essi disperano di trovare in patria i finanziamenti necessari. Ma quante domande hanno avuto successo?

Negli starting grants, i vincitori italiani sono 35, al secondo posto dopo la Germania, precedendo Gran Bretagna, Francia e Spagna; è dunque chiaro che l'Italia ha offerto a questi studiosi (età media: 35 anni) adeguata formazione e ambiente di ricerca. Se però si guarda alle sedi di lavoro scelte dai vincitori, l'Italia precipita al quinto posto. Dei 35 vincitori italiani, solo 23 resteranno in patria, gli altri (coi loro fondi europei) preferiscono altri Paesi con migliori strutture di ricerca; e dall'estero in Italia arrivano solo due polacchi e un norvegese. Al contrario, in Gran Bretagna restano 24 vincitori su 29, ma se ne aggiungono 35 da altri Paesi (6 dall'Italia); in Francia restano 26 vincitori su 32, ma ne arrivano altri 12 (2 dall'Italia).

Negli advanced grants, i risultati italiani sono ancor più preoccupanti. Prima come numero di domande, l'Italia è al quarto posto per il successo (23 vincitori), dietro Gran Bretagna (45), Germania (32) Francia (30). Ma dei 23 vincitori italiani, ben 6 portano il proprio grant in altri Paesi, contro un solo non-italiano (un inglese) che ha scelto una sede italiana (Pisa). Al contrario, negli altri Paesi il rapporto fra "uscite" ed "entrate" di vincitori dei grants è molto più favorevole: il saldo netto (contro il totale di 18 grants da spendersi in Italia) è di 56 in Gran Bretagna, 32 in Francia, 26 in Svizzera. Per attrattività l'Italia è dunque all'ultimo posto, anzi sostanzialmente assente. In compenso, il Paese svetta in cima a tutte le classifiche per numero di studiosi che hanno deciso di trasferirsi altrove coi loro cospicui fondi europei. Il bilancio è disastroso: prima per numero di domande (cioè per potenzialità), l'Italia è ultima in Europa per capacità di attrarre studiosi da fuori, ma anche di trattenere i propri cittadini.

In nome di che cosa maggioranza e opposizione, ministri e deputati assistono passivamente a questa emorragia di forze intellettuali? Nessuno potrà credere sul serio che alla base vi sia un calcolo economico. È evidente che formare nuove generazioni di ricercatori per poi "regalare" i migliori ad altri Paesi non è un buon investimento. Eppure, nella strettoia che l'università italiana sta attraversando questi dati non sembrano avere alcun peso, quasi per corale cecità di un Paese determinato a indietreggiare. I severi tagli della legge 133/2008 incideranno seriamente sul futuro dell'università. Sarebbe ingiusto non riconoscere le gravi difficoltà economiche del momento, come lo sarebbe non ammettere i troppi casi di cattiva amministrazione delle risorse da parte degli Atenei. Il paradosso è che i finanziamenti per università e ricerca in Italia sono da troppi anni strutturalmente insufficienti (meno di un terzo dell'obiettivo fissato dall'agenda di Lisbona) ma al tempo stesso le scarse risorse vengono spesso sprecate o mal spese. Ma nessuna scure che si abbatta alla cieca ha mai generato nuove forme di virtù: colpendo in misura eguale chi ha gestito malissimo le proprie risorse e chi lo ha fatto al meglio, la legge Tremonti non ha dato all'università italiana il segnale giusto.

Brunetta: I ricercatori sono un po' capitani di ventura

«Non saranno a spasso, si cercheranno qualcos' altro da fare. Altri progetti, altre esperienze, magari in giro per il mondo. Siamo chiari: la ricerca è questa. I ricercatori sono un po' capitani di ventura, stabilizzarli è un farli morire. Lo sa anche il professor Marino, che tanto mi critica. Senza tutti i progetti cui ha partecipato, gli istituti in cui ha lavorato, lui non sarebbe il professor Marino e io non sarei il professor Brunetta»

Brunetta: Potrò assumere solo il 40% dei ricercatori precari (Repubblica, 12 ottobre 2008, pagina 24, ECONOMIA)

sabato 25 ottobre 2008

Scienziati di ventura a Villa Clara.

scienziati di ventura Le prospettive della ricerca in Italia, il problema della fuga dei cervelli, il ruolo dell'università e della ricerca privata saranno i temi al centro della presentazione del libro Scienziati di ventura di Andrea Mameli e Mauro Scanu (Edizioni Cuec, 2007) il 29 ottobre a Cagliari (con inizio alle 18 e 30) per il ciclo Clara Libera. Ne parleranno con gli autori il giornalista Roberto Morini (La Nuova Sardegna) e il ricercatore Michele Saba (Dipartimento di Fisica, Università di Cagliari).
In collaborazione con la Biblioteca Provinciale di Cagliari per il ciclo Pagine di Scienza.

domenica 19 ottobre 2008

Lezioni di fisica a Montecitorio il 20 ottobre.

ANSA - ROMA, 19 OTTOBRE - Docenti e studenti del dipartimento di Fisica della Sapienza organizzeranno domani lezioni di fisica davanti alla Camera dei deputati. Per protestare contro il governo e la legge 133. E' l'ultima forma di protesta, dicono gli organizzatori dell'iniziativa, contro 'i tagli all'universita' e alla ricerca, la trasformazione degli atenei pubblici in fondazioni di diritto privato e il turn over bloccato al 20%'.

mercoledì 30 luglio 2008

Il 4 Novembre al Festival della Scienza si parla di aumentare il salario dei ricercatori in Italia

Il 4 Novembre 2008 al Festival della Scienza di Genova tavola rotonda organizzata dall'Associazione Italiana per la Ricerca sulle modifiche legislative atte a garantire un aumento di salario (del 40% in due anni) per i ricercatori italiani, allo scopo di adeguarlo alla media europea.
Modera: Emil Abirashid (Nova24)
Sede: Genova, Sala Chierici, Biblioteca Berio
Orario d'inizio: 15.30

mercoledì 16 luglio 2008

"In Italia clientele e nepotismo", l'allarme dei "cervelli in fuga" (Il Messaggero, 07 Luglio 2008)

Antonio, Fabio e gli altri scrivono a www.ilmessaggero.it all'estero salari più alti "In Italia clientele e nepotismo", l'allarme dei "cervelli in fuga" (Il Messaggero, 07 Luglio 2008) [File Pdf, 468 Kb]

Scienziati di ventura a Nudo e Crudo (Radio Uno)

nudo e crudo Giulia Fossà (autore e conduttrice del programma mattutino di approfondimento
culturale, costume e società di Radio1 Rai Nudo e Crudo) giovedì 17 luglio intervisterà Mauro Scanu, fra le 10 e 30 e le 11 e 30.
Si parlerà del nostro libro, Scienziati di ventura, e dell'argomento sempre attuale delle cosiddette fughe di cervelli.

sabato 12 luglio 2008

Il Belpaese ha perso il treno, I suoi talenti costretti a prendere l’aereo.

Il Belpaese ha perso il treno, I suoi talenti costretti a prendere l’aereo.
La fuga dei cervelli è ormai un fenomeno talmente ricorrente e consolidato in Italia, che sembra essere diventato normale e quasi comunemente accettato, una routine per un paese che con un eufemismo potremmo definire anziano e stanco, lacerato da un’instabilità politica interna e da una mentalità collettiva che lo sta portando a sopportare ogni cosa o addirittura a non vedere i problemi di cui sta soffrendo.
Un tempo il nostro Paese era famoso nel mondo per la letteratura, per l’arte, per la politica, per le scienze e per altre nobili ragioni, ora in tutti questi settori siamo fortemente indietro rispetto agli altri paesi europei e a numerosi altri paesi del pianeta. Tuttavia l’italiano tipico si considera ancora al centro del mondo, soprattutto dopo che l’Italia ha vinto i mondiali di calcio: campioni del mondo? Si ma solo in uno sport o forse anche in ipocrisia.
Fortunatamente c’è anche chi denuncia una situazione molto meno serena su temi di gran lunga più importanti, come fa Irene Tinagli nel suo nuovo libro “Talento da Svendere”.
Il fatto che numerosi talenti italiani decidano sempre più spesso di fuggire all’estero è dovuto fondamentalmente alle tre cause riportate nell’articolo di Michele Smargiassi su Repubblica: l’università, l’impresa e la geografia.
Senza ripetere quanto detto dal giornalista mi soffermerò a discutere queste tre ragioni con lo sguardo dello studente, che sfortunatamente sta vivendo in prima persona questo drammatico problema.
Per quanto riguarda l’università, ritengo che oltre ai problemi giustamente sottolineati da Smargiassi, vi sia la scarsa capacità di motivazione e il totalmente assente incentivo alla creatività da parte delle facoltà italiane. Per quanto riguarda ingegneria, che è stata la mia scelta come percorso di studi, ho potuto notare in questi anni la scarsità di docenti che sappiano motivare i propri studenti, che riescano a dare loro un punto di vista anche solo un poco diverso da quello convenzionale incentrato su nozioni e formule da sapere a memoria senza un minimo accenno allo sviluppo della propria creatività.
Sono arrivato a Ingegneria Informatica ormai 3 anni fa, con una passione per l’informatica, con gli occhi del ragazzino che a 5 anni assemblava computers nel negozio sotto casa e mi preparo ad uscirne ora nauseato dalla mia stessa passione, totalmente privo di interesse per quello che ho scelto e con un unico interesse rivolto all’economia, la materia che ha meno a che fare con le altre nel mio corso di laurea e che forse anche per questo ha assunto ai miei occhi un fascino particolare essendo l’unica che riesce a stimolare la mia creatività.
Ed è proprio il fattore creatività che ha generato quello che Google ha definito il “problema Facebook”, ovvero la fuga di cervelli da Google verso l’azienda di Zuckerberg, una migrazione che sembra dovuta proprio alla ricerca di avventura, di un luogo in cui si possa nutrire la propria genialità e creatività, luogo che era rappresentato dalla Google di ieri e che si può trovare nella Facebook di oggi.
Purtroppo la maggior parte dei miei colleghi con cui ho occasione di parlare non la pensano allo stesso modo, sono ormai assuefatti dal sistema “studia, impara a memoria, registra il voto, dimentica e trova lavoro il prima possibile, possibilmente vicino a mamma e papà” caratteristico del sistema universitario e sociale di questo paese.
Le imprese sono certamente un altro fattore critico. In Italia predomina la piccola e media impresa, spesso a conduzione familiare, quasi sempre diffidente rispetto ad ogni apertura verso l’esterno, poco propensa ad accettare apporti esterni non solo in termini di finanziamenti (che non siano pubblici e a fondo perduto), ma anche di idee capaci di innescare processi virtuosi di innovazione: un cocktail letale per un neo laureato con talento e creatività.
Per quanto riguarda i bassi salari la cosa che ritengo maggiormente triste è che tra i miei colleghi universitari c’è ancora la convinzione che il titolo di Ingegnere Informatico ti dia automaticamente la possibilità di ricoprire ruoli importanti e guadagnare molto denaro: quando faccio loro notare che attualmente la figura del programmatore in un azienda informatica (ruolo spesso ambito dagli Ingegneri che non sanno che per svolgerlo basta un diploma di un istituto tecnico) è pressappoco l’equivalente di quella di un operaio metalmeccanico, vengo accusato di pessimismo.
Infine anche la geografia come viene sottolineato nell’articolo è un aspetto che non va sottovalutato: la mentalità degli italiani è per la maggior parte chiusa e miope; mi permetto di fare alcuni esempi senza scendere troppo nello specifico.
La nuova generazione di imprenditori che si sta formando, per lo meno in Veneto, è spesso composta da figli di papà che non hanno dovuto fare nemmeno un briciolo di fatica per raggiungere i loro obbiettivi, grazie agli sforzi compiuti dai loro genitori in passato, una generazione che è spesso più attenta ad esibire la propria automobile per le strade del centro città piuttosto che a interessarsi di un’azienda che non sentono come propria in quanto non hanno dovuto faticare per ottenerla.
L’egoismo che porta molti imprenditori a ritenere di gran lunga più importante guadagnare molto denaro con metodi leciti e illeciti senza interessarsi o perfino a discapito del bene della collettività non è certamente un fattore positivo per la formazione di imprese che possano aiutare il nostro paese a recuperare.
Se poi si pensa che una lingua come l’inglese, fondamentale nel business a livello internazionale, è spesso del tutto ignorata dai nostri imprenditori veneti che faticano addirittura ad esprimersi in un italiano privo di storpiature dialettali, si capisce che mancano addirittura le basi per l’innovazione.
La mentalità bigotta di cui si parla nell’articolo la fa infatti da padrona in Italia, un paese in cui la donna è spesso ancora considerata inferiore all’uomo, dove orientamenti sessuali e colore della pelle determinano le capacità e la qualità delle persone, dove tutto ciò che viene da fuori dei nostri confini viene visto con timore e con disprezzo.
Nonostante vi siano ogni tanto delle buone notizie che sembrano invertire questa tendenza (un esempio che balza alla mente è l’elezione di Emma Marcegaglia a presidente di Confindustria) temo che questo possa rimanere un caso isolato, una sorta di bella eccezione che conferma una triste regola.
L’amara conclusione è che il nostro paese continua a perdere giovani talenti che migrano all’estero e tende a produrne sempre di meno, ma una soluzione c’è e non è quella di accettare le cose così come stanno, bensì rimboccarsi le macchine e lavorare per creare le condizioni adatte al proliferare di quel genio e di quella creatività italica che contraddistinsero la nostra nazione.
E soprattutto, diversamente da chi continua a sostenere che i Veneti sono la locomotiva d’Italia, è necessario rendersi conto che il treno dell’innovazione l’abbiamo perso da un pezzo e dobbiamo cominciare a camminare con le nostre gambe perché al momento siamo rimasti a piedi.
Jacopo Buriollo

L’articolo di Michele Smargiassi sui talenti sprecati tratto da Repubblica.it:
http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/scuola_e_universita/servizi/cervelli-sprecati/cervelli-sprecati/cervelli-sprecati.html?ref=search

L’articolo di Paolo Pontoniere su Google e il problema Facebook tratto da Repubblica.it:
http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/scienza_e_tecnologia/google-7/cervelli-in-fuga/cervelli-in-fuga.html?ref=search

giovedì 10 luglio 2008

Campania. Evitare fuga di cervelli internazionalizzando la ricerca scientifica (ADUC SALUTE)

Una lettera agli assessori regionali campani alla Sanita', alla Ricerca ed al presidente della Commisione consiliare (competente in materia di sanita') per evitare che l'ennesimo caso di fuga dei cervelli privi la Campania di una mente scientifica di valore. A scriverla e' la presidente del Consiglio regionale, Sandra Lonardo, che ha preso a cuore la vicenda di uno specialista radiologo in forza all'ospedale 'Rummo' di Benevento, il dottor Onofrio Catalano, che dovrebbe rientrare dagli Usa dove sta completando un'esperienza clinica e scientifica presso una struttura ospedaliera. Il suggerimento di Lonardo e' di 'valutare l'utilita' di avviare, in maniera strutturale, un 'Programma di internazionalizzazione della ricerca medica', anche attraverso l'istituto della mobilita'. Un progetto che potrebbe vedere coinvolti attivamente i nostri operatori gia' inseriti stabilmente nelle strutture sanitarie campane' e, piu' nel concreto, di valutare, eventualmente 'la possibilita' di stabilire apposite convenzioni tra le Aziende ospedaliere della Regione Campania ed alcune prestigiose strutture di ricerca italiane ed estere, di riconosciuto prestigio internazionale' per 'favorirere lo scambio di conoscenze, il dialogo tra le nostre Aziende ospedaliere e sanitarie e le strutture di ricerca, cosi' come gia' avviene per le Universita''. Entrando nello specifico caso del dottor Catalano, la cui vicenda e' stata riportata da molti quotidiani, Lonardo aggiunge: l'ospedale 'Rummo potrebbe siglare una convenzione senza oneri di costo con l'Istituto di ricerca di Boston, presso il quale e' attualmente impegnato il professor Onofrio Catalano, favorendo lo scambio di competenze, nel rispetto dei vincoli contrattuali e di legge. Tale convenzione darebbe lustro all'Azienda ospedaliera sannita ed alle altre Aziende e Asl della Campania che volessero avvalersi dell'opera di ricercatori e clinici provenienti da strutture altamente qualificate ed attive all'estero'.
ADUC

mercoledì 9 luglio 2008

Requisiti E Definizione Di Cervello In Fuga

dal sito di Dario Rossi:
30 November 2007, 10:33
Ciao,
questo thread non riguarda i campi del database, ma in maniera piu' filosofica quello che potremmo malamente definire come le condizioni necessarie per l'appartenenza al braindrain database (BDDB), o in altri termini la definizione di cervello in fuga
un buon numero di persone mi ha fatto notare che il BDDB non contempla:
* cervelli che sono riusciti a rientrare in italia!! anche se finora soltanto uno di mia conoscenza winking smiley
* cervelli che invece hanno abbandonato l'italia ancora prima del PhD
* cervelli che non hanno un PhD ma lavorano nell'ambito della ricerca
* ...
da un lato, sarei propenso ad allargare il database: in effetti, a me pare che il PhD non sia una condizione necessaria per avere un cervello (al limite, sarebbe opportuno il viceversa), mentre essere all'estero mi sembra una condizione necessaria per il braindrain.
il problema e' che il punto 3) sposterebbe il problema dalla definizione di cervello in fuga alla definizione di ricerca (e.g., vs sviluppo in un contesto ingegneristico), per cui il vincolo di essere in possesso di un PhD e' in pratica un vincolo di comodo, che vale solo in prima approssimazione ma e' facilmente verificabile.
vero e' che e' facile condizionare il database per estrarne solo il sottoinsieme voluto (e.g., Titolo di studio >= 2 PhD e 3 Master happy smiley) per cui tecnicamente rilassare i vincoli del BDDB non e' un problema tecnico (... ma richiede del tempo, che non ho, per cui non faro' nulla happy smiley) diro' di piu: trovo risibile che un PostDoc all'estero con un contratto a tempo determinato sia definito un braindrain: semmai e' un braingain (definizione penso di mio conio) cioe' un cervello in fase di espansione che si arricchisce a contatto di nuove culture e formae mentis: il problema e' piuttosto che in italia il flusso e' in una sola direzione... per cui e' verosimile che il PostDoc rimarra' all'estero (e non necessariamente nel luogo in cui si trova), trasformando il suo braingain in un braindrain definitivo (... ma permettere al braingain di aggiornare i suoi dati e' un problema tecnico da discutere in un altro thread) visto che detesto i blogs, spero che voi braindrained trasformiate questo blog in un vero forum, dimodoche' un confronto di idee arricchisca quella da cui siamo partiti.
D.
[POST ORIGINALE E COMMENTI]

giovedì 24 aprile 2008

Scienziati di ventura alla Conferenza internazionale sull'emigrazione "I sardi nel mondo".

Dal 24 al 28 aprile, a Cagliari, si svolge la Conferenza internazionale sull'emigrazione "I sardi nel mondo". Il 26 verrà offerto spazio a Scienziati di ventura per una breve presentazione.

giovedì 27 marzo 2008

Il club degli eccellenti

IL CLUB DEGLI ECCELLENTI (La Voce 25.03.2008) è il titolo di un articolo di Tullio Jappelli e Fausto Panunzi che fa le pulci alla notizia (Nasce il club dei 19 atenei d’élite, Corriere della Sera, 16.03.2008) pubblicata nei giorni scorsi della proposta dei rettori di 12 atenei di costituire un’associazione per la qualità delle università italiane statali.

martedì 25 marzo 2008

Italia e ricerca: troppa avarizia.


Roma, 24 mar. (Apcom) - Un "assetto parsimonioso" della scienza italiana, che ha ripercussioni negative sulla ricaduta economica della ricerca nazionale, emerge dall'analisi elaborata da Mario De Marchi, del Ceris-CNR, pubblicata dal mensile telematico www.scienzaonline.com sul numero attualmente in uscita: le statistiche più aggiornate disponibili sull'erogazione di risorse finanziarie destinate alla produzione di conoscenza, raffrontate con quelle di altri paesi, evidenziano un quadro di "poche risorse, pochi investimenti, basse remunerazioni per i ricercatori", i quali ultimi, nonostante tutto, possono vantare "l'aumento negli ultimi anni del peso italiano sul totale delle pubblicazioni scientifiche mondiali", a testimoniare la "vitalità del sistema scientifico italiano in anni ardui sul fronte delle risorse disponibili".
Ma "la posizione del nostro paese appare preoccupante", si legge nell'analisi del Ceris-CNR, sul piano della resa economica della ricerca scientifica applicata: la produzione italiana di "scoperte di rilevanza pratica, in particolare quelle invenzioni il cui valore economico sia appropriabile dallo scopritore tramite lo strumento legale del brevetto", nota De Marchi, risulta "molto inferiore perfino a paesi come Olanda e Canada, dalla rilevanza demografica ed economica sensibilmente minori". Incombe "il pericolo di declino economico e culturale cui il nostro paese si espone seguendo questo comportamento - sottolinea lo studio - visto l'affermarsi nel mondo contemporaneo di società basate sulla conoscenza".
Il rapporto fra spesa in ricerca e prodotto interno lordo (ReS/PIL), nel quarto di secolo preso in esame dall'autore dello studio a partire dal 1980, non registra affatto un andamento di crescita: "Dopo avere sfiorato un picco dell'1,4% agli inizi degli anni '90, la proporzione fra spesa in ReS e PIL si è contratta", per assestarsi alla fine sull'1,1%, ben lontano, sottolinea De Marchi, dall'"obiettivo del 3% entro l'anno 2010, che fu sottoscritto nell'ambito degli impegni internazionali assunti dal nostro paese con l'Unione Europea". "L'Italia - denuncia lo studio del Ceris-CNR - investe nella generazione di conoscenze scientifiche e tecnologiche originali e nell'impiego di risorse umane per ricerca assai meno della maggior parte delle nazioni più progredite economicamente: meno della metà, per esempio, del 3,3% di Giappone, del 2,6% di Stati Uniti, del 2,5% di Germania, e meno anche della Cina, che destina l'1,3% del proprio PIL alla ricerca".

Investimenti della ricerca scientifica (Luigi Berlinguer, 17 marzo 2008, scienzaonline.com)

mercoledì 12 marzo 2008

Gli studenti Erasmus bocciano l'Italia...

Carissima, inefficiente e inospitale
gli studenti Erasmus bocciano l'Italia
La Repubblica, 11 marzo 2008

ROMA - Sarà anche il Belpaese, ricco di storia e bellezze artistiche, ma venirci a studiare è un vero inferno. A stroncare l'Italia e il suo sistema universitario sono gli studenti stranieri del progetto Erasmus che hanno scelto la Penisola per il loro periodo di formazione all'estero.
La fotografia che emerge da un questionario realizzato dalla free press "Studenti Magazine" e dall'ntassociazione "Erasmus Stude network Italia" è davvero impietoso, ma difficilmente contestabile. Il nostro paese, sottolineano i 1500 giovani interpellati provenienti da 28 paesi diversi e distribuiti in 27 diverse città italiane, è "costosissimo", "incapace di garantire un alloggio a prezzi contenuti" e un posto "dove l'inglese è una lingua di cui si fa a meno".
Il problema più sentito è il costo della vita. L'83% degli intervistati dichiara di spendere di più in Italia rispetto al proprio paese. La voce più costosa è al solito l'affitto (per il 69%). Seguono il cibo per il 14,4% e il divertimento per il 12,6. Il 4% trova invece particolarmente costosi i libri. A tanto dispendio non corrispondono però atenei all'altezza delle attese. Il 71% degli intervistati ritiene l'università italiana peggiore di quella del proprio paese. Per il 39,6% la ragione principale è il pessimo stato delle strutture. Seguono la scarsità dei servizi web per il 24,4%, la difficoltà nel raggiungere informazioni per il 19,5% e la scarsa professionalità dei professori per il 16,5%.
Una larga maggioranza di studenti stranieri (il 66%), una volta arrivata in Italia ha incontrato difficoltà nel trovare un alloggio, condividendo quindi gli stessi problemi dei nostri fuorisede. I problemi più lamentati sono il caro affitti e la fatiscenza dei locali, ma un 20,8% dei partecipanti al questionario denuncia anche il razzismo dei proprietari che non affittano a stranieri.
In un ambiente così ostile a rendere il tutto ancora più problematico è la difficoltà a trovare qualcuno in grado di esprimersi in inglese. Solo l'1,4% degli intervistati ritiene indispensabile conoscere l'inglese in Italia, contro il 46,6% che lo ritiene assolutamente inutile.
Eppure l'Italia continua ad esercitare un certo fascino sui giovani universitari di tutta Europa. La ragione, spiegano gli intervistati, è che malgrado i problemi il Belpaese conserva ancora un certo carisma. Ma se il 97% degli studenti spiega di averci scelto perché "sempre attratto dal Belpaese", alla fine del soggiorno solo il 60% vi ritornerebbe ad occhi chiusi.

venerdì 22 febbraio 2008

Lavoratori di ventura (Marco Buzzo da Villach, Austria)

buzzo Cari Andrea e Mauro, ho apprezzato in un programma radiofonico un abbozzo delle storie che raccontate nel vostro libro "Scienziati di ventura". Vorrei sottolineare la presenza di un altro fenomeno o meglio una sua sfumatura: i "lavoratori in fuga".
Il giorno in cui ho sostenuto il colloquio di assunzione per il dottorato al Politecnico di Zurigo (ebbene sì, un colloquio con il professore a capo del dipartimento, non un concorso!), sono rimasto stupito dal fatto che sebbene si parlasse ufficialmente l'inglese per districarsi nella babele linguistica, nei corridoi si parlasse in realtà l'italiano. Ancora più sorprendente era la massiccia presenza di sardi, che colonizzavano tre piani dell'istituto.
A parte la vita accademica, anche quella produttiva mi ha consentito di incontrare centinaia di espatriati. Nel solo stabilimento in cui lavoro attualmente, abbiamo oltre 60 italiani, che sono ancor di più nel quartier generale.
In questi anni di lavoro all'estero, nonostante il mio baricentro sia stato in Austria, ho avuto l'opportunità' di lavorare in Europa, America e Asia, incontrando sempre tantissimi italiani. Tra gli incontri casuali più sorprendenti annovero quello con un ricercatore di Barisardo a Pittsburg (PA) o con un insegnante di Sassari a Tokyo.
Nell'ambito della fisica e dell'elettronica l'Italia ha una grande e radicata tradizione culturale, ma dal punto di vista produttivo è un gigante decaduto (ricordo da bambino l'Olivetti che faceva concorrenza all'IBM!). A chi si è specializzato in questi settori e vuole dare un contributo non resta che guardare oltre le alpi e il mare. Oggi esiste una massiccia emigrazione di cervelli che contribuiscono alla crescita di realtà produttive situate al di fuori dei confini nazionali, le quali si arricchiscono a spese del nostro sistema scolastico e universitario. Il risultato è un progressivo impoverimento del sistema Italia.
Recentemente ho partecipato a un incontro col patronato INCA per discutere delle tematiche inerenti gli italiani all'estero. E' stato interessante notare che dal punto di vista istituzionale sembra che l'Italia non riconosca questa massiccia emigrazione. L'italiano all'estero è sempre un operaio, un minatore, un cameriere... e non come un medico specializzato, un manager, un ingegnere.
La maggior parte di coloro che ho incontrato considerano la loro esperienza estera una parentesi e sognano di poter un giorno tornare per mettere a frutto le proprie competenze, laddove sono le proprie radici e spesso anche le famiglie d'origine.
Ma il tempo passa, e tornare e' sempre più difficile. Tornare spesso significa scendere a compromessi e rinunciare a tante conquiste (stipendio giusto, sistema meritocratico, servizi efficienti, sicurezza sociale e per le strade...) che l'Italia oggi non sembra in grado di garantire.
Marco Buzzo
PhD in Fisica dei Semiconduttori
Technical Marketing per dispositivi MOSFET, Infineon Technologies (Austria)
22 febbraio 2008

giovedì 21 febbraio 2008

Negli atenei via la Bossi-Fini (La Repubblica, 21 febbraio 2008)


Recepita la direttiva europea sull'ammissione dei cittadini di paesi terzi per la ricerca. Da oggi gli istituti potranno chiedere l'ingresso fuori quota, evitando lunghe trafile. Più facile l'ingresso per i ricercatori

L'odissea di Bulat Sanditov finì sui giornali. Brillante ricercatore russo, con in tasca due dottorati di ricerca e la prospettiva di una lunga carriera davanti, fu costretto a lasciare l'Italia, sfinito dagli ostacoli burocratici della legge Bossi-Fini. "Too much" aveva detto, lasciando a malincuore la borsa di studio e l'incarico all'università Bocconi di Milano per un posto in Olanda, dove tutto era più facile. Troppe le difficoltà per avere i documenti per poter rimanere legalmente in Italia. Almeno Bulat era riuscito ad arrivare: molti altri ricercatori stranieri non riescono neppure a venirci in Italia, bloccati dalla trafila per ottenere il permesso di soggiorno. Ma ora le cose cambiano: con il decreto legislativo 17/2008, che entra in vigore da oggi, i cittadini extracomunitari che vorranno soggiornare in Italia per scopi di ricerca, potranno entrare al di fuori della Bossi-Fini, fa sapere il ministero dell'Università e della Ricerca.
Con il recepimento della direttiva europea sull'ammissione di cittadini di paesi terzi ai fini di ricerca scientifica, gli istituti portanno stipulare convenzioni di impegno per i cittadini stranieri, e chiedere il visto per loro - evitando quindi spiacevoli trafile - che avrà validità per il tempo stabilito per il programma di ricerca, senza andare ad intaccare le quote previste per gli altri lavoratori extracomunitari. In pratica, quindi, ora il singolo istituto potrà chiedere direttamente allo Sportello Unico, fuori quota, l'ingresso per ragioni di ricerca.
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mercoledì 6 febbraio 2008

MIUR: imminente decreto borse di studio dottorandi.

Ministero dell'Università e della Ricerca - Comunicato stampa - Roma, 6 febbraio 2008
Il Ministero dell’Università e della Ricerca, in riferimento alle richieste dell’ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), conferma che è prevista a breve l’emanazione del decreto relativo all’incremento dell’importo delle borse di studio dei dottorandi di ricerca. Il regolamento che riordina la disciplina dei corsi e delle scuole di dottorato è stato già trasmesso al Consiglio di Stato.

martedì 5 febbraio 2008

Bloccare la fuga di cervelli, più fondi alla ricerca

Bloccare la fuga di cervelli, più fondi alla ricerca
Ricerca e innovazione - 31-01-2008 - 12:01
Il Parlamento esorta gli Stati membri a spendere il 3% del PIL a favore della ricerca, anche per impedire un’ulteriore fuga di cervelli dall’UE. Occorre poi promuovere, anche finanziariamente, una maggiore mobilità dei ricercatori, il miglioramento delle infrastrutture e il coordinamento tra le varie iniziative a livello europeo. Se è importante favorire la condivisione della conoscenza, va però istituito un brevetto comunitario che stimoli la ricerca nel settore privato.
Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha confermato l'obiettivo di reare uno Spazio europeo della ricerca (SER) che comprenda un mercato interno per la ricerca, in cui possano circolare liberamente i ricercatori, la tecnologia e le conoscenze. Lo Spazio comune deve anche portare a un effettivo coordinamento a livello UE di attività, programmi e politiche nazionali e regionali di ricerca e il finanziamento e l'attuazione di iniziative a livello UE. Il Consiglio europeo ha inoltre fissato l'obiettivo di portare la spesa globale per la R&S, entro il 2010, al 3% del PIL dell'UE (2/3 del quale dovrebbero provenire dal settore privato).

Approvando con 502 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astensioni la relazione di Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT), il Parlamento deplora anzitutto che il finanziamento della R&S nell'UE «è ancora molto lungi dall'obiettivo di Lisbona pari al 3% del PIL». Osserva infatti che la spesa media UE «è di appena l'1,84% del PIL rispetto al 2,68% negli USA e al 3,18% in Giappone». Notando che le spese variano dallo 0,39% in Romania al 3,86% in Svezia, sottolinea l'importanza di incrementare la spesa media nonché il volume della spesa in taluni Stati membri, focalizzando meglio la ricerca diversificata e gli sforzi di sviluppo in tutta l'Unione, in particolare allo scopo di facilitare la transizione verso l'economia digitale.

Ritenendo inoltre «essenziale» creare un mercato unico del lavoro per i ricercatori, il Parlamento sottolinea l'importanza di «impedire ulteriori deflussi di ricercatori europei competenti». Chiede quindi l'adozione di idonee misure per trattenere e far rientrare i ricercatori nell'UE, «in particolare assicurando ampie prospettive di carriera e condizioni di lavoro attraenti». Nell'appoggiare vivamente la Carta europea dei ricercatori e il Codice di condotta per la loro selezione (quali strumenti atti ad accrescere l'attrattiva del SER per i ricercatori), sottolinea la necessità di definire ed introdurre un unico modello europeo di carriera nell'ambito della ricerca e di instaurare un sistema integrato di informazione sulle offerte di posti di lavoro e sui contratti di formazione in materia di ricerca in Europa.
I deputati si dicono inoltre favorevoli all'aumento della mobilità geografica dei ricercatori «allo scopo di realizzare la condivisione delle conoscenze e promuovere il trasferimento di tecnologia». A tal fine, chiedono di arricchire i programmi post-laurea e di dottorato e di considerare il lancio di borse e di programmi di formazione post-dottorato basandosi sul programma Erasmus. Sollecitano poi l'eliminazione di tutte le restrizioni transitorie alla libera circolazione e delle barriere nazionali, «come uno scarso riconoscimento e portabilità dei diritti sociali acquisiti, svantaggi fiscali e difficoltà nel trasferire le famiglie». Nel proporre di ricorrere a un sistema di buoni in materia di ricerca che assicuri risorse finanziarie supplementari, ritengono anche necessario accordare sostegno ai giovani ricercatori, in modo da garantire che continuino a ricevere borse di studio quando cambiano sede di lavoro all'interno dell'UE. Occorre anche agevolare l’ingresso nell’UE dei ricercatori dei paesi terzi.
Il Parlamento si compiace dei progressi compiuti in materia di sviluppo di infrastrutture di ricerca mediante l'adozione della "Roadmap" per il Foro strategico europeo per le infrastrutture di ricerca (FSEIR). Ritiene tuttavia che occorra prevedere l'inserimento di nuovi strumenti e infrastrutture attualmente sviluppati dagli Stati membri, unitamente alle infrastrutture identificate dall'FSEIR. Vanno anche agevolati la creazione e il funzionamento di grandi organizzazioni e infrastrutture comunitarie di ricerca. Ma i finanziamenti alle nuove infrastrutture di ricerca paneuropee devono essere concessi «soltanto qualora non esistano infrastrutture nazionali di pari valore che forniscano analoghe opportunità di accesso ai ricercatori di altri Stati membri». I deputati, d’altra parte, riconoscono che l'EIT «rappresenterà un importante fattore per rafforzare l'infrastruttura di ricerca dell'UE».
I deputati ritengono che lo sviluppo di cluster regionali sia un importante strumento per conseguire una massa critica, riunendo università, enti di ricerca e l'industria e creando centri europei di eccellenza. Invitano poi la Commissione a stabilire un Forum europeo con la missione di identificare, sviluppare e sostenere le principali iniziative di ricerca paneuropee, come pure un sistema comune di revisione scientifica e tecnica per sfruttare meglio i risultati dei programmi europei. La Commissione dovrebbe anche garantire «la piena complementarità» tra le reti di eccellenza e le comunità virtuali di ricerca, «specificandone obiettivi, norme di funzionamento e di finanziamento». Nel ricordare il ruolo delle piccole e medie imprese come enti di ricerca, la relazione chiede di rafforzare, a livello europeo, la loro partecipazione alle attività di R&S, destinando loro almeno il 15% del bilancio del Settimo Programma Quadro (PQ7).
La Dichiarazione di Berlino sul libero accesso alla conoscenza delle discipline scientifiche e umanistiche, per il Parlamento, è «un esempio di come Internet abbia creato opportunità di sperimentazione con i nuovi modelli». Al contempo, sottolinea l'importanza di rispettare la libertà di scelta e i diritti di proprietà intellettuale degli autori (DPI). E, in proposito, condivide il concetto di "innovazione aperta", secondo il quale i settori pubblico e privato diventano partner a pieno titolo e condividono le conoscenze. Ma ritiene che «dovrebbe essere ufficialmente riconosciuta la regola di un compenso finanziario corretto ed equo per l'uso della conoscenza pubblica da parte dell'industria». D’altro canto, occorre ampliare gli incentivi concessi al settore privato per investire e partecipare alla ricerca.
I deputati si dicono poi convinti che l'incertezza giuridica e i costi eccessivi attualmente imposti nell'ambito dei diritti di proprietà intellettuale «contribuiscano alla frammentazione degli sforzi di ricerca in Europa». Rilevano, peraltro, che la legislazione sulla protezione dei DPI, compreso il diritto europeo in materia di brevetti, «non può costituire un ostacolo alla condivisione delle conoscenze». Richiamano poi l’attenzione sull'importanza di istituire un brevetto comunitario nonché un sistema giudiziario per i brevetti europei di alta qualità, che fornisca migliori incentivi per il coinvolgimento delle imprese private nella ricerca e rafforzi la posizione degli innovatori europei a livello internazionale. Anche perché gli obiettivi della strategia di Lisbona «non possono essere raggiunti senza un notevole aumento del coinvolgimento del settore privato nelle attività di ricerca».
Convinto che il minore interesse manifestato dalle giovani generazioni per gli studi scientifici e tecnologici sia strettamente legato all'assenza di cooperazione tra il settore privato e quello accademico, il Parlamento chiede di intensificare gli sforzi per promuovere regimi di collaborazione tra questi due settori e di migliorare l'insegnamento delle materie scientifiche a tutti i livelli dell'istruzione. Rammaricandosi poi per la mancanza di risorse umane nella ricerca in numerosi Stati membri, propone il lancio di iniziative volte a familiarizzare gli allievi ai lavori di ricerca in laboratorio e sul terreno nonché la promozione di metodi attivi ed investigativi di insegnamento che ricorrano all'osservazione e alla sperimentazione. Per promuovere e sostenere il dialogo tra gli scienziati e la società, infine, i primi dovrebbero rendere i risultati della propria ricerca «comprensibili a tutti e alla portata di tutti».
30/01/2008
Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT)
Relazione su nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca
Procedura: Iniziativa
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 31.1.2008

martedì 22 gennaio 2008

Scienziati di ventura a Radio 24 (22 gennaio 2008)

Mauro Scanu intervistato da Chiara Gamberale Carlo Guarino nel corso della puntata odierna della trasmissione Trovati un bravo ragazzo dedicata all'emigrazione italiana nel mondo.