Scarsa competitività scientifica
Università, Cagliari rischia la serie B
di Beniamino Moro
L’UNIONE SARDA 8 agosto 2007
Prima Pagina
È stata pubblicata di recente l’ottava edizione della Guida all’Università del Censis-La Repubblica relativa all’anno accademico 2007-08, da cui si desume che l’Università di Cagliari occupa tra i 17 grandi atenei nazionali (quelli con popolazione studentesca compresa tra 20 e 40 mila) il settimo posto in graduatoria, dove si tiene conto delle strutture, dei servizi erogati, delle borse di studio e del sito web. La posizione è dignitosa e risulta migliorata rispetto a quella dell’anno scorso (11° posto), anche se in leggero arretramento rispetto a due anni fa (6°). In particolare, quest’anno risultano migliorate le valutazioni sul sito web e sul numero di borse di studio per studente, che hanno invertito la tendenza verso la bassa classifica.
L’occasione è buona per una riflessione sulle politiche e sulle strategie di sviluppo adottate sinora dal nostro Ateneo e sulle carenze più evidenti alle quali è opportuno porre rimedio. Occorre dare atto al Rettore di essersi prodigato nel miglioramento delle strutture, con un’intensa attività edilizia, e nell’erogazione dei servizi agli studenti, attività che peraltro stanno alla base del riconoscimento dell’indagine Censis. Ma ciò non basta a fare del nostro Ateneo una sede prestigiosa sul piano scientifico, in grado di competere con le altre università nazionali. Con riguardo ai parametri più strettamente accademici, come la produttività della didattica e della ricerca scientifica e le capacità d’internazionalizzazione, infatti, l’indagine Censis rivela posizioni in classifica medio-basse delle singole facoltà. In particolare, solo una facoltà (Farmacia) sta nella parte alta della classifica, cinque stanno a metà e quattro scivolano nella parte bassa.
La giustificazione della scarsa competitività scientifica è attribuita dal Rettore alla carente situazione finanziaria. Ciò è vero, ma è anche vero che risulta del tutto carente la politica di bilancio per l’acquisizione di nuove risorse, comprese le tasse degli studenti, mentre non si può certo dire che l’attuale gestione del bilancio sia orientata al potenziamento dell’attività di ricerca. Le singole facoltà, peraltro, talvolta fanno anche di peggio, gestendo le risorse finanziarie e i posti di ruolo con finalità spesso clientelari e a prescindere dal merito e dal valore scientifico dei singoli ricercatori. Qualche facoltà (Economia) è arrivata al punto di dimenticarsi di chiamare il vincitore del concorso a cattedra da essa stessa bandito.
Nei giorni scorsi, il Ministro Mussi ha promesso 350 milioni di euro alle Università più virtuose sul piano dell’efficienza finanziaria e della meritocrazia. L’Università di Cagliari non solo rischia di non prendere niente, ma rischia anche di essere penalizzata nel suo turnover dai nuovi criteri di valutazione. Eppure le strutture scientifiche in grado di competere a livello nazionale ed internazionale non mancano, ma esse vengono frustrate dall’attuale politica di finalizzazione delle scarse risorse esistenti, che penalizza il merito e la qualità a favore della massificazione, cioè della mediocrità di studenti e docenti.
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