domenica 23 dicembre 2007

Adi: Reclutamento dei ricercatori: un passo nella giusta direzione

L'Adi esprime soddisfazione per l'entrata in vigore del nuovo regolamento sull'accesso al ruolo di ricercatore universitario, che mette finalmente in pratica alcuni principi che sono da tempo un cavallo di battaglia dell'Associazione.
"L'Adi ha lavorato per anni su una modifica dei concorsi che ne aumentasse la trasparenza e l'efficacia selettiva" - osserva Giovanni Ricco, segretario ADI - "Pensiamo che solo procedure alla luce del sole, e maggiormente in linea con quanto avviene in ambito internazionale, possano contribuire a portare reale meritocrazia nel sistema accademico italiano, dove a tutt'oggi è ancora poco presente".
"Sin da quando pubblicammo 'Cervelli in fuga'" - aggiunge Augusto Palombini, curatore del libro edito da Avverbi nel 2001 - "che per la prima volta sollevava il problema
dell'emigrazione scientifica di massa, abbiamo sostenuto con forza che la via per uscire dal nepotismo baronale, che allontana alcune delle nostre menti migliori e non attrae stranieri, passasse per una modernizzazione delle selezioni con coinvolgimento di studiosi stranieri e valutazione prevalente dei titoli scientifici. L'avvio dei concorsi con le nuove modalità è il coronamento di un lavoro di anni condotto dall'Adi in questa direzione".
"Saremo attenti a controllare quale sarà l'effettiva applicazione delle nuove procedure: come verranno scelti i revisori esterni e quanto peserà il loro voto, quanti concorsi saranno vinti da candidati locali, quanto questo regolamento inciderà sulla cattiva cultura dei concorsi italiani" - spiega Francesco Mauriello, presidente dell'Associazione e membro del CUN - "Occorre sottolineare inoltre che i fondi per il reclutamento vanno ulteriormente aumentati e che lo stipendio per i post-doc è troppo basso per essere attraente per candidati provenienti dall'estero".
"L'eliminazione del fuori ruolo, approvata in Finanziaria 2008, porterà nei prossimi tre anni a risorse aggiuntive nelle casse delle Università" - conclude Giovanni Ricco, segretario ADI - "noi pensiamo che il loro utilizzo debba essere vincolato alle assunzioni di giovani ricercatori. È una buona occasione per svecchiare l'Università Italiana, sarebbe gravissimo sprecarla".
ADI, Associazione dottorandi e Dottori di ricerca Italiani, 22 Dicembre 2007

martedì 11 dicembre 2007

Cervelli in fuga e cervelli in gabbia

Nel sito Riformatori sardi è comparso un post dal titolo Cervelli in fuga e cervelli in gabbia in cui si racconta la storia di Rosaria Piga. Molto interessanti i commenti al post.

sabato 1 dicembre 2007

8 dicembre: Scienziati di ventura alla VI Fiera della Piccola Editoria.

roma 8 dicembre 2007 Scienziati di ventura sarà alla VI Fiera della Piccola Editoria Più Libri più liberi, Roma, sabato 8 dicembre, Spazio Isola dei Libri, alle 17. Intervengono: gli autori (Andrea Mameli e Mauro Scanu), l'editore (Mario Argiolas), uno dei protagonisti del volume (il ricercatore Giovanni Delogu). Gianfilippo Grasso legge una Lettera aperta dello scrittore Flavio Soriga dedicata all'emigrazione intellettuale. Coordina Gianfranco Bangone, direttore del mensile Darwin.

Forlì 29 novembre 2007: Scienziati di ventura fa discutere.

Al VI Convegno nazionale sulla comunicazione della scienza (Forlì, 29 novembre 2007) la presentazione del libro ha portato a discutare di alcuni dei problemi che affliggono la ricerca in Italia e delle virtù italiche (intelligenze, capacità e eccellenze). Alla presentazione hanno partecipato i due autori e il segretario dell'ADI (Associazione Dottorandi Italiani).
palombini
scanu
mameli
forlì

mercoledì 28 novembre 2007

Scienziati di ventura alla Monserratoteca (28 novembre 2007): la scienza al centro.

La presentazione di un libro puà trasformarsi in occasione di divulgazione scientifica: è accaduto il 28 novembre a Monserrato (Cagliari) quanto Michele Saba ha mostrato la cella solare realizzata con il succo di mirtillo. Dopo una breve introduzione sulle storie raccontate nel libro l'argomento principale è diventato l'energia e le sue trasformazioni.
scienziati di ventura
scienziati di ventura
monserratoteca 28 novembre 2007
monserrato mameli saba 28 novembre
monserrato mameli saba 28 novembre 2007

29 novembre: Scienziati di ventura a Forlì

"Scienziati di ventura. Storie di cervelli erranti tra la Sardegna e il mondo" di Andrea Mameli e Mauro Scanu (Cuec, 2007) sarà presentato giovedì 29 novembre a Forlì nel corso del VI Convegno Nazionale sulla comunicazione della scienza.

Il programma completo del Convegno [Pdf]

lunedì 26 novembre 2007

"Dottorandi, ecco le novità"

Mussi risponde alla petizione
"Il dottorato di ricerca è un punto strategico fondamentale della formazione superiore italiana E il decreto su cui abbiamo lavorato ne dà finalmente una definizione precisa, strutturata, con criteri che puntano alla qualità". Fabio Mussi, ministro dell'Università e della Ricerca, non ha dubbi al riguardo e dopo aver incontrato alcuni rappresentanti dell'Adi, l'associazione dei dottorandi e dei dottori di ricerca italiani ribadisce il suo impegno: a riformare il percorso di formazione e a garantire un giusto riconoscimento economico a tutti i dottori e ricercatori.
"Una delle ragioni della fuga dei cervelli, non l'unica, è proprio l'importo delle borse, tra i più bassi d'Europa - osserva Mussi - Si tratta quindi di aumentare i finanziamenti e portare le borse a livelli europei".
A questo proposito il ministro ricorda che "in Finanziaria sono previsti 20 Milioni di euro all'anno per 3 anni, ma in commissione Bilancio è in corso la discussione per reperire i fondi mancanti previsti dall'emendamento Valditara, approvato al Senato senza copertura adeguata".
Ma accanto al discorso borse di studio c'è quello dei costi, su cui i dottorandi hanno chiesto interventi immediati: "Far lavorare i dottorandi, non dargli un salario e chiedergli di pagare anche le tasse di iscrizione è un'esagerazione. Perciò mi sono impegnato a scrivere una lettera ai rettori per eliminare questo aggravio".
Intanto lo schema di riforma del dottorato di ricerca è valutato in questi giorni dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN). Una volta avuto il parere del CUN, il testo passerà all'esame del Consiglio di Stato. L'iter previsto è di circa due o tre mesi, dopodiché la riforma entrerebbe in vigore già dal prossimo anno, con un'applicazione progressiva. Tre i principi fondamentali:
- l'attivazione dei dottorati solo in stretto coordinamento con lo svolgimento di attività di ricerca documentate e di alto livello;
- l'istituzione dei dottorati solo entro vere e proprie scuole di dottorato, a livello di Ateneo o inter-Ateneo;
- la rigorosa attività di accreditamento e valutazione delle scuole a livello nazionale, e di valutazione dei singoli corsi di dottorato, affidata all'ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca).
"Sarà impegnativo per le Università perché dovranno innovare strutture e i progetti, per alcune ci saranno tempi più lunghi ma è un processo necessario" nota il ministro. Si dovrebbe aprire dunque un nuovo corso per la formazione italiana, fatto di valorizzazione da parte delle imprese e di maggiori riconoscimenti, a cominciare dal punteggio attribuito al titolo di dottore di ricerca nei concorsi pubblici, "su questo sto preparando un decreto con il ministro Nicolais", dichiara Mussi. Dottorandi e ricercatori italiani ci sperano e aspettano solo che questo nuovo corso cominci.
Tullia Fabiani, La Repubblica, 23 novembre 2007

"Se potessi avere mille euro al mese"

La rivolta di dottorandi e ricercatori
Se potessero avere mille euro al mese, dicono che sarebbe una vittoria per l'università e la ricerca italiana. Poi certo avrebbero qualche soldo in più per pagare un affitto; comprare libri; vestire e mangiare. "Pretesa minima" la giudicano: richiesta che ha dell'essenziale se confrontata con altre realtà europee, eppure finora per i dottorandi italiani "è stata solo un sogno". Finora. Perché qualche spiraglio di cambiamento c'è ed è il risultato di una campagna partita circa sei mesi fa su Internet e arrivata in Parlamento.
La petizione. Due le questioni: l'aumento del limite minimo della borsa di dottorato, fino ad arrivare a mille euro mensili (contro gli 820 euro attuali, dai quali decurtare alcune voci) e la retribuzione di tutti i posti di dottorato di ricerca. A oggi infatti sono 38 mila i dottorandi in tutta Italia, ma di questi solo 20 mila hanno una borsa di studio. Gli altri studiano e lavorano all'università gratis per circa tre anni. E pagano anche le tasse di iscrizione.
Una situazione che ha finito per esasperare gli animi di dottorandi e ricercatori e portarli alla protesta: "Abbiano raccolto più di 11 mila firme sul sito dell'Adi, l'Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani - racconta Giovanni Ricco, dottorando in Fisica all'Università di Pisa e segretario dell'associazione -. La petizione indirizzata al Presidente del Consiglio Romano Prodi, al ministro dell'Università e della Ricerca Fabio Mussi e al Parlamento è nata sul web, può essere firmata da chiunque e continueremo a promuoverla finché non avremo ottenuto quello che chiediamo".
L'obiettivo è ottenere la copertura finanziaria per tutti i dottorati di ricerca attraverso fondi di università, enti, fondazioni, pubbliche amministrazioni, o attraverso il coinvolgimento di imprese, "con collaborazioni che sono diffuse all'estero, ma che da noi non si diffonderanno mai - notano i ragazzi - finché gli atenei avranno la possibilità di sfruttare gratuitamente i giovani ricercatori in formazione".
I provvedimenti. Su questi argomenti i dottorandi si sono confrontati direttamente con il ministro Mussi. "Lo abbiamo incontrato il 20 novembre e gli abbiamo consegnato le firme e le cartoline inviate - spiega Ricco - e siamo soddisfatti di come è andato il confronto. Ci sono interesse e apertura sui temi sollevati, si è parlato del valore strategico del dottorato di ricerca come terzo livello della formazione superiore, della necessità di favorire l'ingresso dei dottori di ricerca nel mondo del lavoro e si è discusso anche dei contenuti della riforma del dottorato proposta dal ministro".
Oltre allo stanziamento di 20 milioni di euro per l'aumento finanziario delle borse di studio dal prossimo anno - annunciato da Mussi proprio a Repubblica tv - il ministro ha lavorato infatti su un testo di riforma che prevede, tra le altre cose, l'eliminazione del dottorato senza borsa di studio. "Per chi è non è retribuito abbiamo chiesto, quanto prima, la possibilità di non pagare le tasse d'iscrizione" aggiunge il segretario dell'Adi "per il resto aspettiamo il dibattito alla Camera".
Già, perché i venti milioni di euro non bastano ad aumentare il compenso mensile dei dottorandi. E l'emendamento Valditara, approvato al Senato, che prevede uno stanziamento di 40 milioni di euro è ancora sprovvisto di copertura. "Il ministro ha ribadito il suo impegno affinché il governo trovi i fondi mancanti - precisa Francesco Mauriello, dottorando in chimica industriale all'Università di Bologna - e noi ci contiamo. La discussione alla Camera è cominciata e dovrebbe chiudersi nei prossimi giorni. Se non venissero rispettate le nostre attese ci sarebbe una presa di posizione forte da parte nostra. E nuove proteste". Per Mauriello è l'ultimo anno di dottorato, a dicembre prenderà l'assegno che chiude il suo ciclo di studi: "Personalmente non trarrò benefici da questa campagna - dice - ma spero che il lavoro fatto serva ai colleghi presenti e futuri. Per tutti l'aumento a mille euro sarebbe un bel regalo di Natale".
Tullia Fabiani, La Repubblica, 26 novembre 2007

venerdì 23 novembre 2007

Università, ecco le migliori del mondo (La Repubblica, 23 novembre 2007)

Solo due italiane, ma recuperano posizioni. In testa alla annuale classifica Times-Qs, 18 atenei tra Inghilterra e Usa. Bologna e la Sapienza recuperano posizioni, ma sono ancora in basso
Ecco le migliori università del mondo. Quelle dove ogni famiglia vorrebbe mandare a studiare i propri figli, budget permettendo. Gli atenei italiani più quotati a livello internazionale sono quelli di Bologna e della sapienza di Roma che nella top 200 rimontano qualche posizione rispetto all'anno scorso. La classifica, il "World university rankings 2007", è stata stilata pochi giorni fa dalla britannica The Times - Higher Education Supplement in collaborazione con QS (Quacquarelli Symonds) ed è alla sua quarta edizione.
Gli atenei italiani fanno fatica a conquistare posizioni di prestigio nella classifica internazionale e per trovarne un paio occorre scendere giù quasi fino alla duecentesima posizione. Altre 7 si piazzano oltre il trecentesimo posto e 12 oltre il quattrocentesimo posto. Una sostanziale bocciatura che arriva d'oltremanica proprio mentre in Italia scoppia la polemica sui tagli ai finanziamenti per gli enti di ricerca.
Università al Top. Nelle prime dieci posizioni della superclassifica figurano soltanto università statunitensi e britanniche. Graduatoria di parte? Forse, ma i nomi delle prime classificate sono davvero illustri: Harvard, in cima a tutte, Oxford, Cambridge e Yale per citare solo le prime quattro. Per trovare un ateneo al di fuori del duopolio USA/Regno Unito occorre scendere fino alla dodicesima posizione dove si piazza un'altra americana: la McGill university del Canada. Al 16° posto troviamo l'Australian national university e al 17° l'University of Tokyo.
Le italiane. Scorrendola la classifica, che potrà anche essere considerata di parte, la prima università italiana che si incontra è quella di Bologna, al 173° posto. Un bel balzo in avanti per l'ateneo del capoluogo emiliano che in un anno recupera 34 posizioni. Al 183 posto del ranking mondiale si colloca La Sapienza di Roma, che recupera 14 posizioni rispetto al 2006. Fra il 300° e il 400° posto troviamo gli atenei di Padova, Pisa, Firenze, Trieste, Pavia, Siena e il Politecnico di Milano, che rappresenta l'eccellenza italiana nel campo tecnologico e la quindicesima università del settore in campo europeo.
I criteri. Per mettere in fila oltre 500 università sparse nei cinque continenti sono stati presi in considerazione sei indicatori che prendono in considerazione soprattutto il livello qualitativo delle ricerche scientifiche condotte dai vari atenei e le opportunità di lavoro che si aprono agli studenti che riescono a laurearsi nelle più prestigiose università. Il punteggio complessivo attribuito alle 565 università perse in considerazione dipende dal giudizio di oltre 5 mila accademici che lavorano in tutto il mondo: il 41 per cento in Europa, Medio Oriente e Africa, il 30 per cento nelle Americhe e il 29 per cento nella regione Asia-Pacifico. Ma non solo. A dare un giudizio sulla preparazione dei laureati sono anche oltre 1.400 datori di lavoro, del settore pubblico e privato, di tutto il mondo.
Per stabilire le università che "lavorano al meglio" è stata presa in esame anche la presenza di docenti e studenti stranieri: due parametri che dovrebbero indicare il livello di attrattività degli atenei. E ancora. Il rapporto docenti/studenti e la qualità delle ricerche scientifiche pubblicate, come numero di "citazioni" di una università da parte delle altre.
Gli ambiti. Per stabilire la leadership nei diversi ambiti disciplinari sono state predisposte cinque diverse classifiche (biomedico, artistico/umanistico, delle scienze sociali, tecnologico e delle scienze naturali) con le migliori 50 università del mondo. Nei primi tre settori prevale Harvard, nell'ambito tecnologico la leadership incontrastata è del Mit (il Massachusetts institute of technology) e nel settore scientifico al top c'è l'università di Berkeley. Gli unici piazzamenti di prestigio italiani sono appannaggio della Sapienza di Roma, al 40° posto nell'ambito delle Scienze naturali, e dell'università di Bologna al 47° posto nell'ambito artistico/umanistico.
Salvo Intravaia (La Repubblica, 23 novembre 2007)

mercoledì 21 novembre 2007

Enti di ricerca sul piede di guerra

"Aumenti al fondo tagliati del 40%"
ROMA - La ricerca è tradizionalmente uno dei cavalli di battaglia dei programmi elettorali, per entrambi gli schieramenti. Amata, in particolare, dal centrosinistra, che ne ha sempre rivendicato la centralità per la crescita, la riscossa economico-culturale del Paese. Ecco perché i vertici dei quattro enti pubblici del settore - Cnr, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto nazionale di atsorfisica - hanno reagito con incredulità, alla notizia appena arrivata dal Ministero dell'Economia: i previsti aumenti al Fondo nazionale - 50 milioni di euro in più stanziati già per il 2007, e previsti dunque nella Finanziaria 2006 - sono stati pesantemente decurtati. Tagliati di circa il 40 per cento.
"Motivi contabili", si giustificano dal dicastero di via XX settembre. Un modo elegante per dire che hanno raschiato il fondo del barile, e scoperto che non c'è più un soldo. Una riduzione degli aumenti notevole, e soprattutto inaspettata. Che mette in grande difficoltà, a livello organizzativo e non solo, chi in quegli enti ci lavora. "Certo, 30 milioni, divisi per quattro istituti, non sono tantissimi - dicono ad esempio fonti dell'Istituto di fisica nucleare, Infn) - ma avremmo potuto, tanto per fare qualche esempio, pagarci le bollette elettriche per l'acceleratore di particelle. O organizzare le trasferte internazionali, fondamentali quando si instaurano partnership con altri enti di ricerca".
Ma c'è un altro motivo per cui i vertici degli enti protestano. Ed è il seguente, come spiegano sempre dall'Infn: "Questi tagli improvvisi finiscono inevitabilmente per ricadere sul bilancio 2008, che sostanzialmente sarà identico a quello del 2007. Cioè quello più di sacrificio degli ultimi anni".
Per questo, i presidenti dei quattro enti hanno diffuso una nota congiunta, in cui "denunciano ancora una volta che, alle dichiarazioni solenni di incentivare la ricerca scientifica del Paese come uno degli elementi decisivi per lo sviluppo, non faccia seguito alcun segnale concreto, ma, anzi, le risorse destinate alla ricerca, già esigue rispetto agli altri Paesi, continuano a subire tagli indiscriminati".
La Repubblica, 21 novembre 2007

giovedì 15 novembre 2007

Scienziati di ventura su paesedombre.org

paesedombre.org Scienziati di ventura
Nel 2001 l'Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (Adi) portò avanti un'iniziativa denominata 'Cervelli in fuga' e raccolse in un libro le testimonianze di alcuni ricercatori residenti all'estero. L'iniziativa diede maggior risalto a un fenomeno da anni dibattuto: l'emigrazione di molti scienziati che ricercano altrove quello che la loro patria non è in grado di offrire. La mobilità degli studiosi non viene vista dalla Comunità Scientifica in maniera negativa in quanto indispensabile per lo scambio d'esperienze, d'idee, di conoscenze e di punti di vista. Il problema italiano (uno dei tanti), è che il numero dei cervelli che entrano nei confini nazionali è nettamente inferiore a quello dei cervelli che vanno via e che spesso non tornano indietro.
Si innesta in questo discorso il saggio di Andrea Mameli e Mauro Scanu intitolato: Scienziati di ventura. Storie di cervelli erranti tra la Sardegna e il mondo [Cuec, 2007].
Il libro di Mameli e Scanu ripropone la storia di 20 scienziati, 5 dei quali rientrati in Patria.
La sensibilità all'aspetto umano del fenomeno che travalica qualsiasi impressionante ma algido dato numerico, rende il libro coinvolgente e di facile lettura. Difficile non riconoscersi immersi nello scenario delineato dalle 20 interviste dei due divulgatori.
Il presente articolo desidera essere un invito alla lettura e alla diffusione di 'Scienziati di ventura'. Acquistatelo, leggetelo, regalatelo ai vostri figli (soprattutto se nell'anno del diploma), aprite dibattiti sui suoi contenuti.
Solo attraverso il riconoscimento e l'ammissione delle nostre debolezze potremmo sperare di ricostruire una società più sana e stabile.
La dedica.
Questo libro è dedicato ai ragazzi che devono decidere il proprio futuro e non sanno come districarsi nella giungla di opportunità e di vincoli dell'università italiana. Con la speranza che possano trovare una strada, senza perdersi.
Cos'è questo libro? Di cosa parla?
Afferma Mauro Scanu: “Questo libro non vuole essere un atto d'accusa, ma un reportage che mira a raccontare la ricchezza di un mondo lontano e poco conosciuto, quello dei ricercatori sardi all'estero [...] abbiamo raccolto le testimonianze di ricercatori e ricercatrici senza distinzione d'età e di ruolo [...] ma è soprattutto un viaggio nella scienza: ogni vicenda individuale è legata a una diversa disciplina o all'approfondimento di un particolare progetto di ricerca. I racconti ci permettono di capire qualcosa di più sulle neuroscienze, l'economia, l'agronomia, la geologia, la medicina, l'ingegneria, la fisica, la chimica, la biologia e la psicologia. Grazie alle parole di chi ci lavora quotidianamente, è quindi possibile avvicinarsi in modo un po' diverso ad argomenti scientifici di varia natura, da quelli puramente teorici sino a quelli legati ad applicazioni tecnologiche”.
Ma il saggio parla anche di “un'emorragia umana”, di “un prelievo chirurgico” di giovani laureati che fuggono senza più tornare.
Da cosa fuggono i nostri scienziati? Cosa si lasciano alle spalle e cosa li attende oltre confine? In quali condizioni si trovano a operare quei pochi (5 su 20 nel saggio) che decidono di rientrare?
Vediamo di scoprirlo insieme.
Perché partire?
“Ognuno di noi, finché non espatria, resta convinto che quello che vede a casa propria , sia l'unica realtà immaginabile, possibile, concepibile”. [Rosaria Piga]
Come sono i centri esteri d'eccellenza?
“Sono crogioli in cui si fondono etnie, culture e tradizioni di tutto il mondo. [...] Qualcuno li definirebbe 'non-luoghi' come gli aeroporti e le stazioni che non rappresentano culturalmente le nazioni in cui sono costruiti, ma solo le tracce confuse di coloro che vi transitano”. [Mauro Scanu]
“Non avrei potuto realizzare meglio di così le mie aspettative. Qui posso finalmente sviluppare appieno le mie idee in un ambiente stimolante dal punto di vista scientifico, potendo anche contare su un grande supporto dal punto di vista delle risorse economiche. Ho la possibilità di confrontarmi quotidianamente da pari con i massimi esperti mondiali nel campo e finalmente saziare la mia curiosità spaziando tra i campi più disparati. In più, e ciò non guasta, ricevo un eccellente trattamento salariale, che sarebbe improponibile in Italia”. [Andrea Cortis]
“All'estero [...] posso essere una persona sempre in crescita intellettuale, in continuo aggiornamento, in continuo sviluppo della propria inventiva, in continuo confronto con gli altri, e non una specie di automa che esegue delle routine”. [Rosaria Piga]
Cosa lascia dietro sé questo “esercito silenzioso di scienziati”?
“[...] un sistema ingessato che si rinnova a fatica: su 18.651 docenti di ruolo, quelli con meno di 35 anni sono solo 9 in tutta Italia; l'80% dei professori ordinari ha più di 50 anni e il 40% ne ha più di 60. Da notare che lo stesso Ministero dell'Università e della Ricerca sostiene, forse impietosamente, che l'età produttiva dei ricercatori arriva fino a 44 anni. [...] Una recente indagine condotta dalla Nidil Cgil (osservatorio sul lavoro atipico) ha mostrato che più della metà dei ricercatori italiani ha un contratto precario, che uno su tre guadagna meno di 800 euro netti al mese e che la maggioranza lavora tra le 38 e le 45 ore a settimana. [...] Riassumendo il concetto all'osso, si potrebbe dire che il nostro Paese non offre molte prospettive ai giovani ricercatori che escono dall'università. Pochi soldi, poche possibilità di carriera, nessun riconoscimento del merito”. [Mauro Scanu]
“[...] stavo iniziando a odiare il mio corso di studi a Cagliari. I programmi erano datati, alcuni professori non avevano idea dei bisogni del mondo del lavoro e in generale c'era poca attenzione per gli studenti. Se un professore inglese si comportasse allo stesso modo con gli studenti sarebbe licenziato in tronco. Ad esempio, non rispondere alla mail di uno studente in tempi brevi è considerato grave”. [Carlo Boldetti]
“Continua a mancare un collegamento tra il momento in cui finisce un diploma o una laurea e l'inizio di un'esperienza lavorativa. Non si può cominciare a guadagnare qualche soldo a 30-35 anni dopo che si sono investiti anni di fatica e migliaia di euro nello studio” [Angelo Loi]
“Fuga da tutto ciò che dal momento della laurea fino alla mia partenza mi ha sempre più nauseata, delusa, amareggiata. Fuga da un paese carente di persone serie e guidate da principi di onestà e lealtà, un paese dove vai avanti solo se sei raccomandato o figlio di qualcuno, dove vengono premiati gli incapaci che restano anni a inchinarsi al potente di turno vegetando nei posti di lavoro, quasi che un posto sia solo un onore alla resistenza e non al merito. [...] Dopo diversi anni nel mondo della ricerca isolano nei quali non vedevo sbocco alcuno [...] ho cominciato una lunga, faticosa e penosa migrazione nella penisola [...] constatando di persona che la situazione lavorativa nel campo della ricerca non era confinata alla sola Sardegna, ma a tutta l'Italia”. [Rosaria Piga]
Cosa occorre fare?
L'esito del provvedimento Moratti del 2001 (stanziati 3 milioni di euro per invogliare centinaia di scienziati a tornare in Patria) mostra che “[...] la semplice istituzione di borse di studio non è sufficiente a cambiare le cose: le riforme dovrebbero essere strutturali”. [Mauro Scanu]
“[...] bisogna costruire un futuro in cui l'università guardi al merito di chi fa buona ricerca e non sia più schiava di privilegi e nepotismo” [Mauro Scanu]
Come si può fare?
“Non è certo questa la sede per elencare quali sono le riforme necessarie da fare”. [Mauro Scanu] È questo l'incipit di Mauro Scanu nel primo capitolo, parole che – lo confesso – mi hanno alquanto demoralizzato facendo sorgere spontanea la domanda: “Ma allora qual è la sede appropriata?”. Fortunatamente l'autore si distrae un attimo nel corso del libro e alcuni provvedimenti giungono inattesi dagli intervistati che, tra le tante proposte che non posso riportare in questo articolo per questioni di spazio e di diritti d'autore (leggete il saggio), sottolineano:
“È necessario: selezionare il n° degli studenti di dottorato in base alle reali esigenze; non assumere persone incompetenti; valutare annualmente professori associati e ordinari; riconoscere il lavoro scientifico solo a chi lo realizza; favorire l'indipendenza scientifica e finanziaria dei nuovi ricercatori; licenziare i dipendenti pubblici nullafacenti; punire duramente la corruzione, l'assenteismo e i favoritismi; investire in piccole e medie imprese; investire in ricerca seria e applicata; mettere i giovani che rientrano dopo un'esperienza formativa all'estero in condizione di lavorare e applicare quanto imparato; dimostrare che se lavori e ti impegni puoi progredire; mandare a casa i baroni per fare posto nelle cattedre ai giovani meritevoli; assumere più tecnici; confrontarsi continuamente con altre culture; diversificare le produzioni rispetto a quelle tradizionali; incoraggiare le imprese verso l'internazionalizzazione”.
La cosa che più mi ferisce.
'Scienziati di ventura' contribuisce a mettere in luce un aspetto inquietante della nostra società. Fatalismo e disperazione, da sempre presenti in regioni come la Sardegna, sono ormai sentimenti diffusi e galoppanti in tutta la penisola.
Triste la constatazione di Maria Antonietta Loi:
“[...] le giovani generazioni, da anni rassegnate, vivono aspettando che i vecchi lascino cadere qualcosa dall'alto

Dello stesso autore:

Incontro del 10 ottobre 2007

Intervista ad Andrea Mameli 11 ottobre 2007

domenica 11 novembre 2007

Scienziati di ventura al sesto convegno nazionale sulla comunicazione della scienza (Forlì 29 novembre 2007)

"Scienziati di ventura. Storie di cervelli erranti tra la Sardegna e il mondo" di Andrea Mameli e Mauro Scanu (Cuec, 2007) sarà presentato giovedì 29 novembre a Forlì nel corso del VI Convegno Nazionale sulla comunicazione della scienza.

Il programma completo del Convegno [Pdf]

mercoledì 7 novembre 2007

Michele Saba intervistato da da Elsa Di Gati a "Cominciamo bene" (Rai 3, 6 nov. 2007)

Scienziati di ventura in TV (Cominciamo bene, Rai 3, 6 novembre 2007)

mameli scanu rai3 Mauro Scanu, Andrea Mameli e Michele Saba intervistati da Elsa Di Gati a "Cominciamo bene" (Rai 3, 6 nov. 2007) trasmissione condotta da Fabrizio Frizzi. Sul tema "Il futuro è oggi", sono intervenuti Stefano Meriggi (filosofo della Scienza all’Università Statale di Milano) e Massimo Monga (scrittore di fantascienza). scienziati di ventura Gli autori di Scienziati di ventura (Andrea Mameli e Mauro Scanu) hanno spiegato perché hanno scritto il libro. Michele Saba ha rientrato la sua esperienza negli Usa (MIT: Massachusetts Institute of Technology) e il rientro in Sardegna (Dipartimento di Fisica dell'Università di Cagliari).


lunedì 5 novembre 2007

Da Cagliari a Osaka emigrata per poter studiare lo stress (La Nuova Sardegna, 5 novembre 2007)

La biologa Rosaria Piga racconta la sua esperienza giapponese dove i laboratori funzionano anche grazie alla meritocrazia
Giacomo Mameli, La Nuova Sardegna, 5 novembre 2007, pagina 6
La prima sorpresa, quasi uno choc (fortunatamente più che positivo perché del tutto inatteso), all’aeroporto internazionale di Osaka. A ricevere Rosaria Piga, biologa cagliaritana in arrivo con un volo Alitalia decollato da Milano, c’è nientemeno che il professor Etsuo Niki, direttore del centro di ricerca Hssrc (Human Stress Signal Research Center), uno degli istituti più accreditati al mondo per lo studio dello “stress ossidativo”, patologia causa di numerose malattie sempre più diffuse e gravi, spesso con esito letale, dal cancro all’invecchiamento precoce, dall’arterosclerosi fino all’alzheimer e al parkinson. Il professore, giacca e cravatta, sorridente, è con un altro collega. Danno il benvenuto a Rosaria che non sa come ringraziare per un’ attenzione così premurosa, ma già da questo primo segnale capisce di «aver cambiato pianeta». Racconta: «Mi sentivo catapultata dall’anonimato o quasi che ti circonda in un centro di ricerche sardo (o italiano) al rispetto e alla considerazione riservatimi all’estero. Quando mai, non dico il direttore-mito di un centro mondiale di studi, ma anche il suo ultimo assistente ti sarebbero venuti ad accogliere a Elmas o ad Alghero? Ma neanche a Milano o Perugia. Ebbene, lì è successo. Ed è la norma, non l’eccezione”.

È la domenica mattina del 31 marzo 2002. Dopo dodici ore su un Boeing a diecimila metri di quota la giovane ricercatrice sarda sale sull’auto privata del professor Niki, si parla di tutto, dell’Italia e del Giappone, ma soprattuto di cose pratiche, senza convenevoli. «Mi dice: la tua casa in affitto è pronta, è a nord di Osaka, quartiere Ikeda, abbiamo già pagato l’allaccio della luce e del gas. Di sera mi invitano a cena con altri colleghi che accolgono l’amica italiana». La casa è un condominio a cinque piani in un rione molto popolato di una città di tre milioni di abitanti, la terza del Sol Levante, alla foce del fiume Yodo, con Kobe e Kyoto è una delle tre città dove vivono 18 milioni di abitanti.
Sì, un altro mondo, sotto tutti gli aspetti. «Entro a casa, 17 metri quadrati, più un metro quadrato di bagno. Abito ancora lì e sto bene. E sono passati sei anni».
Il lunedì mattina, primo aprile, è al dipartimento Hssrc, collegato all’istituto Aist Kansai che sta per Advanced Industrial Science and Technology. Mezz’ora a piedi dalla mini-casa. È sempre il professor Niki che la va a prendere, le mostra i negozi e le banche, il supermercato più fornito. Eccolo il campus, una grande cancellata con una guardia in divisa blu scuro, legge i nomi dei padiglioni di Fisica, Chimica, Ottica. «Il mio istituto era quello dello stress ossidativo. All’ingresso chiedono di lasciare le impronte digitali, quella dell’indice destro». Rosaria crede che sia uno scherzo. «No, no, è la prassi. Quell’impronta diventava la mia parola chiave, la password, la chiave di accesso dopo aver digitato il codice del mio laboratorio. Entro e il direttore mi presenta dieci colleghi, tutti giapponesi doc, volti simpatici, Yoshiro e Yasukazi, anche due donne sposate, Junko e Nanako. Ecco la mia scrivania, gli scaffali, il cassetto, i libri, il computer». E vedo, nel mio studio, tutta la strumentazione necessaria per far ricerca. È tutto made in Japan, sono in giapponese anche le istruzioni per l’uso, ho bisogno dei colleghi per capire, disponibili, affabili. Dal primo giorno ho tutto a disposizione, col mio budget. E lavoro come tutti gli altri dalle 9 del mattino alle 21 con un’ora di pausa-pranzo. Dal primo mese lo stipendio regolare: 400 mila yen, pari a quattromila euro al mese». E poi? «E poi i colleghi mi insegnano pazientemente a lavorare al bancone, pipette e reagenti, microscopi. Ma soprattutto inizio da subito a ragionare come deve fare un ricercatore. Mi dicevano: devi togliere le idee dalla tua testa e confrontarle con le idee dei tuoi colleghi per arrivare a un progetto comune».

Stress ossidativo si diceva. Come limitarne gli effetti devastanti? Studiando. Rosaria indaga su due proteine, va alla ricerca di sostanze naturali estratte da piante e arbusti per prevenire o ridurre i danni di queste malattie degenerative. Dice, con linguaggio tecnico: «Testo in continuazione l’effetto anti-stress di questi composti tanto su cellule di aorta per gli studi sull’aterosclerosi quanto su cellule simil-neuroniche per indagare sul sistema nervoso». Progressi? «Certo, rispetto a dieci, cinque anni fa sono stati fatti molti passi in avanti, i pazienti sono assistiti meglio, si può migliorare ancora, ma soltanto insistendo caparbiamente con la ricerca. È ciò che facciamo a Osaka e Kyoto. Collaboriamo anche con un gruppo di fisici guidati da Yoichi Kawakami, si occupano di nanotecnologie, ci lavora anche un piemontese, Ruggero Micheletto, torinese». Nanotecnologie, cioè? «Usiamo uno strumento ottico detto Snom, è un sofisticato microscopio a scansione, consente di esaminare tessuti viventi in estremo dettaglio, arriviamo a miliardesimi di metro. Ecco, tutto ciò è basilare per arrivare a risultati concreti. E ci spero, ci speriamo».
Davvero un altro pianeta. Rispetto alla Sardegna. Rispetto all’Italia. Dove le carriere universitarie si costruiscono per via nepotistica, con le parentopoli all’ombra di nonni e di padri, di zii e di zie, di suoceri e suocere, con gli intrallazzi e le triangolazioni di grembiuli e di lobbies. Non solo a Bari e Messina, non solo a Napoli e Salerno, anche a Cagliari e Sassari, con le eccezioni del caso ovviamente. E così quella di Rosaria Piga diventa la storia emblematica di chi, «non per affermarsi» nel campo della ricerca scientifica ma «per poter fare ricerca scientifica», ha dovuto preparare la valigia e varcare il Tirreno, le Alpi e gli Oceani e approdare dove ciò che conta è il merito, il valore individuale e non la carta d’identità, il clan familiare, la casta di appartenenza. È una storia come tante altre che sono già state raccontate e che continueremo a raccontare perché è una tendenza negativa, devastante che va invertita, perché più cervelli l’Italia perde e più l’Italia perde in competitività, perché più cervelli la Sardegna regala gratis all’universo mondo e più la Sardegna retrocede. Le vicende degli “scienziati di ventura” raccontate in un best seller Cuec da Andrea Mameli e Mauro Scanu sono lì a dimostrarlo. Con inoppugnabili prove.

Ricercatrice in Giappone, quindi. Con molto lavoro, riunioni in team, discussioni, prove. Dopo alcuni anni un altro salto di qualità per Rosaria. «Mi propongono di collaborare col dipartimento di immunologia e infiammazione del Kyoto Prefectural University of Medicine diretto da un altro grande della ricerca, il professor Toshikazu Yoshikawa. Accetto. Da Osaka sono 45 minuti di treno, sempre puntuale, treni che spaccano il secondo, ogni giorno dell’anno. Passo davanti ai templi, al Palazzo imperiale e poi camice bianco e microscopio». Studi e pubblicazioni su riviste internazionali. Una delle più recenti è apparsa su Biophys Chemistry. Articoli e ricerca continua. Ancora Rosaria. «In Giappone, avere un laboratorio efficiente è la normalità, la regola per un ricercatore, non devi elemosinare nulla, hai a disposizione ciò che è necessario. In queste condizioni la crescita culturale è costante»
E i rapporti umani? Eccellenti. «Intanto nessuno conosceva la Sardegna, pochi conoscevano l’Italia, per cinque anni non ho incontrato un solo sardo, solo quest’anno ho conosciuto una coppia di cagliaritani che studiano a Tokyo la storia delle religioni, in particolare il buddismo e lo shintoismo». E oggi? «L’Italia e la Sardegna non sono più sconosciute ma sempre poco conosciute, sono state importanti alcune fiere, alcune mostre. Quello giapponese può essere un mercato importante per il nostro Paese».
Vita normale, semplice quella di Rosaria Piga. Ha 43 anni, nasce a Cagliari, il padre Antonello rappresentante di prodotti per l’agricoltura, la madre (Maria Teresa Boi) insegnante fra i paesi dell’alto oristanese e del Campidano di Cagliari. Rosaria è la primogenita (il fratello Piero, 39 anni, geometra, vive in Spagna dove è fidanzato con Monica, un architetto). Elementari in viale San Vincenzo a Cagliari, liceo scientifico al “Brotzu” di Pitz’e serra di Quartu. Gli insegnanti del liceo? «Giudizio insufficiente, il professore di italiano e latino mi sconsiglia di iscrivermi all’università, e aggiunge: non ti servirebbe a nulla». Rosaria va avanti, diploma, si iscrive in Biologia, studia e lavora, baby sitter e ripetizioni, fotocopie al palazzo di giustizia, la laurea con 107 (tesi con Gaetano Verani sui prodotti di sintesi con metalli pesanti). Inizia il calvario per «trovare un istituto che mi accolga per poter fare la ricercatrice. Inizio con tanto entusiasmo, poi mi rendo conto che non ho nulla attorno a me, lavoro gratis, mai un soldo, girovago sette anni senza avere mai uno stipendio che mi consenta di essere autonoma economicamente. Vago per l’Italia, Torino, Siena, Bologna, Napoli, Udine. Ovunque le stesse trafile, estenuanti. Mi proponevano pochi denari. Poi la svolta, targata Sardegna. Nel 2000 conosco alla Cittadella di Monserrato l’ex preside di Scienze, il professor Francesco Corongiu, patologo generale. Ha collaborazioni con Paesi esteri. Mi chiede se sono disposta a lasciare l’Italia. Anche domani mattina, gli rispondo. Senza dirmi nulla avvia le pratiche. Prima di morire Corongiu mi dice: andrai presto in Giappone. Detto fatto. Arrivo a Osaka nel marzo del 2002 e mi accorgo davvero di un altro mondo per la ricerca scientifica, noi in Italia ne siamo lontani anni luce».

La fuga dei cervelli a "Cominciamo bene"

Domattina dalle 10 su Raitre
Si parlerà di fuga di cervelli, domani mattina (fra le 10 e le 11) nel popolare programma di Raitre "Cominciamo bene", condotto da Elsa De Gati e Fabrizio Frizzi. Tra gli ospiti della puntata, che andrà come sempre in diretta, Andrea Mameli e Mauro Scanu, autori del recentissimo libro "Scienziati di Ventura" (Cuec). Con i giornalisti scientifici sardi, ci sarà anche Michele Saba, uno dei protagonisti del libro. Il fisico cagliaritano, dopo alcuni anni al MIT di Boston è rientrato al Dipartimento di Fisica dell'Università di Cagliari grazie a una borsa del Ministero della Ricerca. Andrea Mameli (ricercatore al Crs4, collaboratore scientifico del nostro giornale e di altre pubblicazioni) e Mauro Scanu (specializzato in divulgazione scientifica presso il prestigioso Sissa di Trieste) hanno dato voce ai veri protagonisti della diaspora di menti che affligge il mondo della ricerca in Italia, intervistando una ventina di scienziati sardi che vivono e lavorano all'estero, ricoprendo ruoli di assoluto prestigio presso università, centri ospedalieri, banche e aziende, e che hanno accettato di buon grado l'opportunità di raccontare le proprie vicende di ricerca e lavoro, tra successi, speranze e traversie legate alla «repulsività» del sistema italiano e isolano. La prefazione del libro è firmata da Gianluigi Gessa.
L'Unione Sarda, 5 novembre 2007, pagina 59

Mi sono costruita da sola (Rosaria Piga, Kyoto, 5 nov. 2007)

Sono ritornata a casa, senza saper più quale sia la mia casa... se mi riferisco alle quattro pareti dentro le quali vivo, sento casa mia questa che possiedo in Giappone, per quanto piccola, perché rappresenta la mia prima casa in cui ho cominciato una vita indipendente. Se invece mi riferisco alla terra di appartenenza, casa mia rimane sempre la Sardegna. E questo a prescindere dal fatto che attualmente la Sardegna e la sardità, siano diventate di moda. Personalmente credo che i sardi che sono orgogliosi di esserlo e che decantano la propria isola, lo facessero anche prima di questa moda attuale, così come coloro che si vergognano di essere sardi, continueranno, nel profondo del loro animo, a vergognarsene anche adesso. Come in tutte le regioni, in tutte le nazioni ed in tutti i popoli, c’è chi ama e chi rinnega le proprie origini. Per questi motivi, presuntuosamente mi viene da pensare che la moda sulla sardità e la Sardegna in realtà l’abbia creata chi non è sardo, per noi sardi invece non è cambiato niente, continuiamo a comportarci come sempre, chi andando orgogliosi, chi rinnegando le proprie origini. Nemmeno io sono favorevole agli estremismi, estremizzare la sardità e farne un fanatismo non solo diventa pesante, noioso e spiacevole nei confronti di ciò e di chi sardo non lo è ma non per questo non meno prezioso ed importante, però ammetto di godere questo periodo di sardità come moda vivendola come uno dei tanti sassolini che mi sto togliendo dalle scarpe... dopo essermi sentita rivolgere diverse volte in passato (non cosi’ tanto passato in fondo) commenti non certo piacevoli sulle mie origini da parte di chi sardo non lo era, adesso tutto sommato non solo mi fa piacere che ci sia chi si sia accorto del nostro valore, ma non mi vien voglia di dire che la sardità odierna come moda sia un’esagerazione... e me la godo. In fondo il mondo va cosi’ in qualunque campo e non solo in questo, a mode, c’è stata la moda di altre regioni, se ora tocca a noi, perché abbatterla?
La mia vacanza in Sardegna è stata tutto sommato una toccata e fuga, in cui ho visto e vissuto cose e persone troppo freneticamente da non avere il tempo di metabolizzare quello che mi stava succedendo, quello che sentivo, che vedevo, che dicevo, che mi sentivo dire. Lo sto metabolizzando adesso che sono di nuovo lontana, a freddo. Ho metabolizzato di aver preso parte alla presentazione del libro avendo l’occasione di esprimermi in tutta libertà, come d’altronde è stato lo spirito del libro stesso, forse per la prima volta in tutta la mia vita, perché gli autori me ne hanno dato la possibilità e perché paradossalmente mi sono sentita tutelata dal mio non vivere in Italia e quindi esente da eventuali ripercussioni. Tutelata dal fatto che se non potro’ tornare in base non solo alla situazione critica ma anche in base a ciò che dico e che dirò, che farò o che non faro’, pazienza, non me ne faccio un cruccio, andando all’estero ho realizzato che il mondo è grande e fortunatamente è pure vario, se me la sono cavata da sola in Giappone, me la caverò anche altrove. Basta la salute. Per quanto luogo comune possa sembrare, è davvero proprio cosi’, finché se c’è la salute, c’è speranza, c’è sempre una soluzione a tutto.
Ma per essere cosi’ "filosofa", me ne sono dovuta andare all’estero, prima non ne ero capace, cosi’ come non ero conscia del senso di libertà professionale e personale del quale ci si arricchisce quando si va fuori dal proprio paese. Da qui l’importanza di andarci a prescindere dalla crisi nella nostra nazione, di questo ho già parlato nel mio intervento all’interno del libro.
Ho metabolizzato di aver conosciuto due cervelli in fuga, fra i tanti intervistati da Andrea e Mauro, ossia Monica Mameli e Michele Saba, due persone diverse come orientamento professionale ma uguali in quanto a positività, rimanendo affascinata e colpita dal loro coraggio non solo di partire, che è un coraggio che accomuna tutti noi intervistati, ma soprattutto di rientrare, coraggio che io attualmente non possiedo. Michele va oltre il lamento, fa di piu’, va alla pratica cercando di migliorare la situazione nel suo paese, nella sua regione. Monica fa altrettando. Lo stesso fanno gli altri che sono tornati. Coraggio, generosità e grande forza fisica, mentale e d’animo di voler costruire qualcosa a "casa loro", nella loro terra, di fare qualcosa di concreto, di creare una scuola, dei nuovi cervelli non piu’ in fuga, una nuova generazione di veri scienziati come quelli che sono diventati loro. Coraggio di saltare gli ostacoli che tutto sommato ci sono ancora, le barriere, le incomprensioni, la mentalità tutto sommato sempre uguale, che poi è la cosa che a me personalmente spaventa di più, molto di più della carenza di fondi e stipendi adeguati. Vivendo e facendo tutto questo con una buona dose di ottimismo che devono avere per forza altrimenti non vanno avanti, ottimismo che li fa apparire sempre sorridenti nonostante tutte le profonde difficoltà che incontrano quotidianamente, alcune dichiarate, altre no. Probabilmente dicendo a loro stessi quale sia il senso, in fondo, di dichiararle tutte se non sono accompagnate da concreti tentativi di risoluzione che cercano di trovare in tutti i modi. Personalmente direi che sono loro i veri coraggiosi fra noi scienziati, coloro che tornano, io davvero li ammiro per il loro coraggio e mi chiedo se più avanti, in un futuro vicino o lontano, ce l’avrò anch’io, forse si, forse no, chi lo sa, non faccio programmi, non mi sento di dovere granché al mio paese perché mi sono costruita da sola, perché quando sono stata pronta e disponibile per apprendere, imparare, mettermi in discussione e conseguentemente produrre, a nessuno nel mio paese è interessato più di tanto. Quindi se e quando tornerò, lo farò perché mossa dalla stessa passione di costruire qualcosa a casa mia esattamente come stanno facendo Monica e Michele, probabilmente imparando da loro e non perché lo devo a qualcuno. Armati ed agguerriti di una forza di volontà che io per ora non mi riconosco in questo frangente, che per ora non possiedo, come dice giustamente Andrea Cortis in un suo intervento, a 43 anni mi sento già vecchia per fare la rivoluzione. Ma di sicuro, in caso di rivoluzione, so a chi chiedere consiglio.

Rosaria Piga, Kyoto, Giappone

sabato 3 novembre 2007

Scienziati di ventura in tv: 6 novembre 2007

Scienziati di ventura martedì 6 novembre sarà ospite della trasmissione di Rai 3 "Cominciamobene": Michele Saba, Mauro Scanu e Andrea Mameli parleranno del libro e dell'argomento "fughe di cervelli" in diretta, fra le 10:00 e le 11:00.

Scienziati di ventura a Sorgono (1 nov. 2007)

sorgono
Sorgono (NU) Museo del Legno, 1 novembre 2007 – CERVELLI IN FUGA – Paolo Piras intervista Michele Saba e Andrea Mameli. Proiezione videointervista a Rosaria Piga.
ICHNUSA FESTIVAL, PONTE DI CULTURA E SPETTACOLO TRA NEW YORK E LA BARBAGIA-MANDROLISAI (a SORGONO e TONARA dal 27 ottobre al 4 novembre 2007).

Scienziati di ventura con i cervelli erranti (Sardinews, 9/2007)

sardinews Uno dei grandi guai della Sardegna in un libro Cuec di Andrea Mameli e Mauro Scanu.
Di Paolo Maccioni

Esiste un patrimonio in Sardegna, ma anche nel resto d’Italia, che non è tutelato da alcuna istituzione, ma anzi viene disperso con cronica e colpevole noncuranza: quello delle umane intelligenze. Un fenomeno bene illustrato nel libro "Scienziati di ventura", edito dalla Cuec nella collana Prospettive, dall’eloquente sottotitolo "Storie di cervelli erranti fra la Sardegna e il mondo". Curato dai giornalisti Andrea Mameli (nella foto) e Mauro Scanu, e arricchito dalla prefazione di Gian Luigi Gessa e dalla postfazione di Augusto Palombini, "Scienziati di ventura" raccoglie in forma di intervista le testimonianze di venti scienziate e scienziati sardi. Un campione rappresentativo di quel tesoro sottovalutato, costituito dai tantissimi “cervelli” che primeggiano in svariati campi delle scienze, ricercatori, neolaureati sardi che hanno fatto la scelta, molto spesso obbligata, di trasferirsi all’estero per poter realizzare i propri progetti di ricerca. Quindici degli intervistati vivono e lavorano tuttora all’estero, altri cinque invece sono rientrati. Fra loro il compianto Giuseppe Pilia, che nella sua Ogliastra avviò ProgeNIA, il progetto di analisi dei tratti genetici connessi con l’invecchiamento.
Una saggezza, la loro, che esula dal campo specifico in cui brillano all’estero e che emerge dalle interviste sapientemente condotte dai due autori.
Per Carlo Boldetti, ad esempio, che consegue un dottorato in ingegneria meccanica nel Regno Unito e infine approda alla Renault dove progetta componenti della Formula Uno, non esiste solo il turismo. Ecco le priorità secondo l’ingegnere perché la Sardegna possa correre come una Formula Uno: "tagliare le spese, eliminare gli enti inutili, licenziare i dipendenti pubblici nullafacenti, punire corruzione, assenteismo e favoritismi; investire sulle piccole e medie imprese, investire sulla ricerca seria e applicata. Tassare i servizi ai turisti".
Il cordone ombelicale che lega i nostri scienziati alla terra madre pare come rafforzato dalla distanza. E si esprime in forma di nostalgia, di rimpianto, di dolore per una Sardegna diversa da come potrebbe essere e che li ha spinti a lasciarla, di amore per ciò che la rendono unica. La geologa Angela Morando si chiede: "che cosa avrei potuto ottenere anche se fossi riuscita a lanciarmi nel mondo della libera professione: avrei dovuto passare la vita a firmare relazioni geologiche per i piani di lottizzazione che stanno distruggendo la mia Gallura?"
Eppure non si evidenziano solo luci ma anche ombre nei Paesi dove i nostri conterranei lavorano: «La Norvegia è un paese estremamente ricco, il più ricco per reddito nazionale lordo prodotto pro-capite insieme agli Stati Uniti e questa situazione ha prodotto uno stato di ‘viziati’ – considera Chiara Maria Portas. – Sono pochi i veri entusiasti della scienza disposti a fare sacrifici. Quindi è possibile che presto mi dovrò preparare a un nuovo cambio di rotta» prevede la neurologa sarda. O come le contraddizioni sottolineate da Andrea Cortis, ingegnere di Iglesias approdato nella San Francisco Bay Area: «Chi vive negli Usa non può ignorare le grandi contraddizioni di un Paese in cui si concentrano le migliori realtà scientifiche e culturali del mondo e contemporaneamente vi sono larghe fette della popolazione con scarsa alfabetizzazione, destinate a vivere tra povertà e criminalità. Preferisco non chiudermi nella torre d’avorio del mio laboratorio e prendere coscienza di quello che succede nella società.»
Da segnalare poi in "Scienziati di ventura" alcuni titoli di capitoli o paragrafi particolarmente felici, come "Contro lo stress ossidativo", titolo dell’intervista alla biologa Rosaria Piga che in Giappone conduce ricerche sullo stress ossidativo delle cellule, ma anche metafora della sua storia personale di peregrinazioni per lo Stivale culminata infine nella "fuga da un paese carente di persone serie e guidate da principi di onestà e lealtà". O ancora "Nessun dorma": paragrafo sulla neurologa Chiara Maria Portas che in Norvegia conduce studi sugli stimoli affettivi durante il sonno. Così pure "A volte ritornano" indovinato titolo del capitolo sugli scienziati rientrati in Sardegna grazie a borse, assegni, fondazioni. E sul tema del rientro, Augusto Palombini nella postfazione sottolinea come quella della "fuga dei cervelli" sia una questione spesso mal posta: il problema non sta tanto nel fatto che gli scienziati partano, quanto che il flusso avvenga in una sola direzione. Tantissimi vanno, nessuno o quasi viene.
In conclusione si può dire che "Scienziati di ventura" è il saggio che mancava per come fa luce sul tesoro dell’esperienza maturata da questi nostri conterranei eccellenti, ma soprattutto per come individua i mali che più nuocciono alla formazione e allo sviluppo della ricerca in Sardegna e più in generale in Italia.
A subire una perdita non sono solo la dottoressa Contu, la dottoressa Piga o i tanti carneadi, i talenti inespressi delle scienze che non sono mai partiti; non sono solo i singoli individui cui si tarpano le ali. Quando la mediocrità impedisce il cammino, nega i mezzi o scavalca chi ha talento e intraprendenza, ad essere danneggiato non è mai solo quest’ultimo. A perderci è la comunità intera che deve rinunciare al suo talento. Finché questa consapevolezza non si radica in modo diffuso e profondo continueremo a farci del male senza accorgercene. "Scienziati di ventura" è un ottimo strumento per spargere questo seme e farci riflettere sul destino della nostra isola.
Andrea Mameli, Mauro Scanu: "Scienziati di ventura" (Cuec 2007, collana Prospettive, pp. 147 Euro 11,00)

venerdì 2 novembre 2007

Quegli scienziati di ventura raccontati da cronisti di razza (La Voce di Iglesias, 10 ottobre 2007)

Storie di cervelli erranti nel mondo, che conquistano posti di prestigio a Berkeley (Usa) e Grenoble (Francia), che lavorano a Warwick (Inghilterra) piuttosto che a Perth (Australia). I protagonisti di queste storie si chiamano Saba, Cortis, Rubattu, Pittalis, Loi, Portar, Contu. Cognomi sardi perché sardi sono i ricercatori costretti a lasciare l'isola per realizzare i loro progetti di ricerca. Molti, la maggior parte, oltre che ricchi di talento e di idee, sono anche giovani. Ma di loro fino ad oggi, qui in Sardegna, non sapevamo nulla, chiusi come siamo in una bufaliniana isolitudine, senza respiro sul mondo che ci circonda, in una cultura ripiegata su se stessa che produce stagnazione anziché innovazione.
A raccontare le vicende professionali e umane di questi ricercatori sono stati due giovani giornalisti scientifici, Andrea Mameli e Mauro Scanu, che hanno voluto ribattezzare i loro interlocutori con l'efficace definizione di scienziati di ventura. Paragonandoli, in tal modo, ai capitani che nel Cinquecento partivano alla conquista di terre sconosciute e lontane, proprio come nel terzo millennio hanno dovuto fare i ricercatori di casa nostra. Una ventina di storie, quelle racchiuse in Scienziati di ventura (Cuec editore, 11 euro), che stimolano ad una riflessione spassionata sulle contraddizioni del nostro Paese, sull'assenza di una politica seria a sostegno della ricerca e sulle mafie del baronaggio universitario, ma senza scadere nella recriminazione sterile e scontata. Anzi il senso più profondo del libro, presentato sabato scorso all'archivio storico, è esattamente di segno opposto. Perché mostra quanta qualità e varietà di uomini e donne di valore la nostra isola produca e come essi sappiano lavorare a progetti di grande rilievo qualora venga loro concessa l'opportunità di farlo.
Come fanno i veri cronisti di razza, Mameli e Scanu, con un paziente lavoro di inchiesta, sono andati a scovare questi cervelli erranti ai quattro angoli del pianeta, mettendoli poi sulla pagina senza retorica, con una scrittura intenta solamente ai fatti. Nella consapevolezza che quando i fatti sono sodi, bastano e avanzano senza bisogno di inutili condimenti. Del libro abbiamo parlato con uno degli autori, Mauro Scanu. Iglesiente, 32 anni, laurea in Scienze della Comunicazione a Siena, master in Comunicazione della scienza a Trieste (come il coautore Andrea Mameli), giornalista, Scanu ha al suo attivo anche la stesura di Qualcosa di inaspettato, l'autobiografia dell'astrofisica Margherita Hack, pubblicato da Laterza.
Cosa intendiamo con l'espressione «fuga di cervelli» e quale danno comporta questa fuga?
«Riassumendo il concetto all'osso, significa che l'Italia non offre molte prospettive ai giovani ricercatori che escono dall'università. Ogni anno migliaia di menti brillanti se ne vanno all'estero producendo un danno che non è solo culturale ma anche economico: educare un giovane, dalle elementari al dottorato di ricerca, costa allo Stato centinaia di migliaia di euro. Quando l'opera è compiuta a raccoglierne i frutti sono altri paesi anziché il nostro».
Ci sono dati certi?
«Sì. Vanno via circa 30.000 ricercatori con una perdita economica di circa 8 miliardi di euro. In compenso gli stranieri che si iscrivono nelle nostre università sono appena 29.000. Giusto per fare un paragone, negli atenei inglesi le iscrizioni di studenti stranieri sono 220.000. Dieci volte tanto».
Perché l'Italia non attrae scienziati?
«Per molteplici fattori. I salari, anzitutto. Un ricercatore in Norvegia guadagna 51399 euro lordi all'anno, 42528 in Danimarca, 39599 in Svizzera. Invece in Italia guadagna 12337 euro lordi l'anno, cioè ben meno di mille euro netti mensili. Solo Lituania e Grecia pagano peggio».
C'è altro?
«Da noi non vige la meritocrazia, e senza meritocrazia non può esistere scienza. Nel libro raccontiamo la storia di una ragazza di Iglesias, Alessia Contu, che si occupa di organizzazione del lavoro nelle università inglesi. Ebbene, poiché in Inghilterra valgono regole simili a quelle del calciomercato per cui ogni università tende ad accaparrarsi i talenti migliori, di recente Alessia è stata "acquistata" dalla Warwick Business School che l'ha strappata all'università di Lancaster. E lo ha fatto perché ha valutato le qualità della nostra concittadina, in base ai suoi studi e alle sue pubblicazioni».
Nel libro si parla anche di un altro iglesiente, Andrea Cortis, un ingegnere che lavora negli Usa.
«Sta a Berkeley, vicino a San Francisco, e si occupa di sequestro geologico dell'anidride carbonica, della necessità di stoccarla a grandi profondità per ridurre l'inquinamento. Un sistema che potrebbe essere molto utile nel Sulcis del carbone».
Quali sono i sentimenti che questi scienziati di ventura nutrono verso la Sardegna?
«La nostalgia c'è, in tutti. In alcuni esiste rabbia, in altri il desiderio di rientrare a patto che vengano realizzate condizioni accettabili sotto il profilo economico e di realizzazione professionale. Ma non è semplice e molti ne sono consapevoli».
Il libro è dedicato ai giovani che devono scegliere quale strada affrontare nella vita.
«Sì, nella speranza che sappiano cogliere le opportunità che il mondo offre e trovino la loro strada, senza perdersi».
Roberto Cherchi

mercoledì 31 ottobre 2007

"La legge sul Rientro dei cervelli è surreale" (Mussi)

AGI - Roma, 31 ottobre 2007 - "La legge sul Rientro dei cervelli è surreale. Io non l'avrei mai fatta. Però l'ho rifinanziata perchè è stata fatta una promessa che va mantenuta".
E' così che il ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi ha risposto alle domande di alcuni telespettatori di Repubblica.it.
"Ogni anno dall'Italia se ne vanno 4 o 5 mila giovani laureati, alcuni per seguire una propria vocazione, altri perchè gli diamo 4 soldi per fare ricerca. Quando sono diventato ministro ho trovato che su 450 ricercatori rientrati con la legge, soltanto 30 erano stati stabilizzati dal Cun (Consiglio universitario nazionale). Io con fatica immensa ho portato il numero a 60. E' stata una legge propagandistica ed è stata una fregatura per chi è rientrato fiducioso. Il problema è ricreare le condizioni per far si che la gente non sia costretta a lasciare l'Italia".

lunedì 29 ottobre 2007

Mussi: creare una cultura del merito

(Agi) - Roma, 29 ottobre 2007 - Meno corsi di laurea, più docenti di ruolo, autonomia del sistema e un'agenzia preposta alla valutazione della ricerca e delle università italiane. Questi gli ingredienti di base per mettersi al passo degli altri paesi.
"Dobbiamo mettere a disposizione dei nostri centri di ricerca e delle nostre università più risorse, finanziarie e umane", ha detto Fabio Mussi, ministro dell'università e della ricerca. Ma non solo. "Per stabilizzare e migliorare la loro capacità, la ricerca e l'università deve affinare la cultura della valutazione esterna e indipendente. Anche in questo caso, con la creazione dell'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca (Anvur) stiamo facendo sensibili passi avanti", ha detto Mussi. Inoltre, per il ministro è necessario aumentare il tasso di autonomia della ricerca.
"I politici - ha infatti spiegato - devono fare un passo indietro. Con l'istituzione dei search committees, commissioni indipendenti di scienziati che indicano al ministro terne di candidati alla direzione degli Enti di ricerca, il nostro Ministero lo sta facendo".
L'Anvur dovrà valutare, in maniera rigorosa e indipendente. "Creerà le premesse che consentiranno di premiare chi è più bravo e di non premiare chi è meno bravo. Il compito principale dell'Anvur è ambiziosoe difficile: creare una cultura del merito", ha concluso Mussi.

Università italiana e Finanziaria

(Agi) - Roma, 29 ottobre 2007 - "La Finanziaria 2008 fa piccoli passi nella giusta direzione. Ci sono più risorse per la ricerca e per i giovani ricercatori. Forse sono insufficienti. Ma sono passi che vanno nella direzione giusta". Lo ha detto il ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi a commento della situazione della ricerca in Italia.
"Un discorso analogo - ha aggiunto il ministro - vale per l'università. Nel patto per l'efficienza e la stabilità che, insieme al ministro per l'economia Tommaso Padoa-Schioppa, abbiamo proposto alle università, c'è sia la stabilizzazione del Fondo ordinario – che nel 2008 consentirà alle università di uscire dall'incertezza e dall'ansia che ogni anno le procurano l'aumento dei costi del personale e l'inflazione della moneta sia la destinazione di una sua parte non trascurabile (il 5 per cento, per un ammontare di 350 milioni di euro) agli atenei che avranno i bilanci a posto e otterranno le migliori performance in ricerca e didattica. Anche in questo
caso la direzione è giusta".
Ma Mussi ha ribadito più volte che la qualità della ricerca italiana non è affatto bassa. E a riprova di ciò ha sottolineato i risultati di una serie di indagini internazionali. "La qualità della ricerca italiana - ha infatti detto il ministro - non è male. Lo dicono una serie di indagini indipendenti internazionali, da quelle realizzate dall'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a quelle proposte, nel 2004, da David King, capo dei consiglieri scientifici del governo inglese sulla rivista Nature. I ricercatori italiani son tra i più produttivi al mondo. Una riprova l'abbiamo avuto di recente con la raccolta delle proposte e la loro prima selezione dello 'Starting indipendent researcher grants' del Programma
Ideas varato dall'European research council (Erc) nell'ambito del Settimo Programma Quadro (FP7) con l'obiettivo di sostenere, mediante grants compresi tra 100 mila e 400 mila euro, i giovani ricercatori dell'Unione Europea e degli Stati Associati con dimostrate capacità di diventare leader indipendenti di programma di ricerca ha raggiunto i suoi due primi obiettivi".
Le proposte degli italiani selezionate sono state 70 su 559. "Solo i tedeschi - ha aggiunto Mussi - hanno fatto meglio. Francesi, inglesi, spagnoli hanno fatto peggio: nonostante i ricercatori in Francia, Regno Unito e Spagna siano molti di più".
Per il ministro, inoltre, anche lo stato in cui versano le università italiane non è tra i peggiori.
"Le nostre università, nonostante indubbi casi di malcostume e talvolta di vere e proprie irregolarità, sono meno peggio di come le si descrive. D'altra parte i giovani laureati italiani sono tra i più richiesti all'estero. E alcune nostre università sono di assoluta e riconosciuta eccellenza". Ma la situazione delle università, come ha sottolineato lo stesso Mussi, non è poi così idilliaca.
"Non è che tutto vada bene. Lo stato italiano destina alla ricerca pubblica dal 20 al 30 per cento di risorse in meno di altri paesi europei. Questo ritardo va recuperato. Inoltre c'è un blocco che impedisce l'accesso dei giovani alla ricerca. Questo blocco va rimosso. Per mettersi al passo degli altri paesi, dobbiamo mettere a disposizione dei nostri centri di ricerca e delle nostre università più risorse, finanziarie e umane", ha concluso.

martedì 23 ottobre 2007

Cervelli rifugiati

cervelli Quando l’Associazione Dottorati e Dottorandi Italiani iniziò a raccogliere le storie per “Cervelli in fuga” la cosa fu relativamente semplice: i fuggiaschi erano ancora caldi e ansiosi di sfogarsi, raccontandosi nella catarsi della condivisione letteraria. Nel passo successivo, con “Cervelli in gabbia” (storie di quelli che ancora la tentano in patria) la cosa non fu altrettanto indolore. Gli ingabbiati, in quanto tali, avevano la stessa voglia di rivelarsi, ma non avevano gli stessi gradi di libertà.
Cervelli rifugiati, di Emiliano Bruner, Ulisse, 19 ottobre 2007

giovedì 11 ottobre 2007

Presentazioni di Iglesias, Pula, Cagliari

pula Negli ultimi quattro giorni siamo riusciti a portare a termine le tre presentazioni in programma (Iglesias 6 ottobre, Pula 8 ottobre, Cagliari 10 ottobre): è stato stancante ma ne è valsa la pena. Ovunque pubblico abbondante e interessato, relatori di altissimo livello (come Luciano Otelli, Monica Mameli, Alessandro Mongili, Michele Saba, Rosaria Piga), moderatori bravissimi (Roberto Cherchi, Vito Biolchini). iglesias Le osservazioni e le testimonianze, le domande dal pubblico e le reazioni (registrate dopo qualche giorno) sono sempre estremamente serie e circostanziate. Molti invocano maggiore serietà da parte delle istituzioni universitarie deputate alla valutazione delle competenze. Altri denunciano la scarsa attenzione da parte del mondo politico.
Rai 3 ha intervistato Rosaria Piga e Michele Saba. Il tema sembra uscire dalle sabbie mobili e dalle paludi dell'informazione italiana. La notizia del Nobel per la medicina a un italiano (sebbene "americano" fin da bambino) ha scatenato i giornalisti alla ricerca dei cervelli perduti. Certo, l'importante è che se ne parli, dirà qualcuno, ma è davvero pietosa questa gara improvvisa a chi insegue più cervelli in fuga, dopo anni di totale disinteresse...

La presentazione del 10 ottobre (Cagliari, libreria Zonza) è raccontata in un articolo di Marco Diana nel blog Paese d'ombre.

martedì 9 ottobre 2007

Novantamila sardi lontani dall'isola

La Nuova Sardegna - 8 ottobre 2007 - Pagina 17
Novantamila sardi lontani dall'isola
Il Rapporto italiani nel mondo conferma: l'emigrazione continua
di Maria Grazia Marilotti

CAGLIARI. Ora non partono più con la valigia di cartone legata con lo spago, quella è un'immagine da pagine ingiallite dal tempo. Però il fenomeno dell'emigrazione è ancora una realtà: sono novantamila i sardi che vivono fuori dall'isola.
I numeri parlano chiaro: è del 5,6% l'incidenza della collettività sarda all'estero contro una media nazionale del 6,2%. Numeri contenuti nelle ampie pagine del Rapporto italiani nel mondo 2007, realizzato
dalla Fondazione Migrantes, un'organizzazione ecclesiale, in collaborazione con Acli, Inas-Cisl, Mci e i missionari Scalabriniani. Elaborato da 47 redattori il rapporto è fatto di 37 capitoli e 464 pagine per tracciare un quadro della distribuzione degli italiani all'estero e cercare di capire qualcosa in più aldilà delle cifre, della loro vita lontano dalla terra di origine. Il volume è stato presentato nella sala riunioni della Camera di commercio, da don Gian Piero Zara, referente Migrantes per la Sardegna, Raffaele Callia del comitato di redazione del rapporto italiani nel mondo, Maria Luisa Gentileschi dell'Università di Cagliari in un incontro coordinato dal presidente de Il Messaggero sardo Gianni De Candia: «Francia e Germania contano ancora uno strato grosso della vecchia emigrazione - ha sottolineato Maria Luisa Gentileschi - e in controtendenza rispetto al resto d'Italia, solo l'8,5% sceglie paesi extraeuropei». Tra questi ultimi si contano soprattutto laureati o artisti. Giovani che cercano la fortuna all'estero e che tentano di soddisfare le proprie ambizioni o mettere a frutto anni di studi in terra straniera: opportunità ancora troppo spesso negate nella nostra terra.
«I laureati sardi che espatriano sono appena lo 0,9% contro i colleghi lombardi (4,3%), ma sono lo specchio della disoccupazione intellettuale che si fa sentire nella nostra isola» aggiunge Gentileschi. Il volume mostra anche il passaggio dalla prima fase dell'esodo ai giorni nostri, dai primi interventi, soprattutto ad opera della Chiesa, al superamento della cultura dell'assistenzialismo: «Gli anni sessanta sono l'epoca dello spopolamento dei paesi e dei contratti con paesi quali Germania, Belgio, Olanda, all'insegna dello slogan braccia in cambio di carbone?. Quel carbone - ha sottolineato de Candia - che è servito per rimettere in moto l'industria italiana. Erano anni di povertà e si contavano gli occupati non i disoccupati». Si partiva al grido di vado tre mesi e torno, ma sono passati trent'anni e tanti non sono più tornati. Mantengono però forte il legame con la Sardegna grazie ai 128 circoli dei sardi dislocati in tutto il mondo: «Questo lavoro vuole essere uno strumento per sensibilizzare i cittadini e riaccendere in amministratori e politici l'interesse verso un universo
che ci riguarda da vicino e che non si può ignorare?, per pensare a concrete politiche di intervento - ha sottolineato Don Gian Piero Zara - occorre un'attenzione maggiore, benché la Sardegna sia all'avanguardia nelle politiche per l'emigrazione. Per prima si è data una legge, nel '68, poi è arrivato nel '77 lo strumento della Consulta. Le cose sono cambiate. Ora si pensa ai flussi di ritorno, cominciati
negli anni ?80. Gli italiani che partono a cercare fortuna nelle pianure della pampa argentina sono un capitolo che appartiene alla storia. Da tempo è cominciato il controesodo. Ma servono progetti di avvicinamento e rientro. La Regione pensa a un'anagrafe dei sardi all'estero, sarebbe un primo passo.

La fuga degli "scienziati di ventura"

mameli e scanu
Articolo di Paolo Mocci (L'Unione Sarda 8 ottobre 2007, pagina 49) La fuga degli “scienziati di ventura” (Rassegna stampa Regione Autonoma della Sardegna)

lunedì 1 ottobre 2007

10 ottobre: presentazione a Cagliari

Cagliari 10 ottobre Cagliari, 10 ottobre 2007 (18:00) Libreria Zonza, via Paoli 19: presentazione del volume Scienziati di ventura di Andrea Mameli e Mauro Scanu (Cuec editore).
Intervengono: Alessandro Mongili (Docente di Sociologia della tecnica, Università di Cagliari), Rosaria Piga (biologa, da alcuni anni in Giappone, protagonista di uno dei capitoli del libro), Andrea Mameli (coautore).
Si tratta della seconda presentazione a Cagliari dopo la prima del 16 luglio. Sarà una nuova occasione per sentire dalla voce di una protagonista delle "fughe dei cervelli" (Rosaria ha trovato in Giappone la sua terra promessa) e da un esperto del settore (Alessandro ha fondato STS Italia: la Società Italiana di Studi sulla Scienza e la Tecnologia).

giovedì 27 settembre 2007

Scienziati di ventura a Iglesias: 6 ottobre.

Iglesias 6 ottobre 2007 CUEC editrice, Comune di Iglesias
e Libreria Duomo presentano Scienziati di ventura di Andrea Mameli e Mauro Scanu.
Intervengono con gli autori: Luciano Ottelli (Direttore del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna), Giampiero Pinna (Commissario straordinario Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna), Michele Saba (ricercatore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Cagliari e protagonista di uno dei capitoli del libro).
Il dibattito è coordinato da Roberto Cherchi (Il Giornale di Sardegna).
Archivio Storico Comunale (Via delle Carceri, Iglesias) Sabato 6 ottobre 2007, ore 18:30.

mercoledì 26 settembre 2007

19 piccoli ricercatori sardi

19 piccoli ricercatori sardi 10 piccoli indiani: è il titolo del famoso giallo di Agatha Christie, nel quale c'è una successione, micidiale!, di omicidi, uno stillicidio di personaggi che, come dice una vecchia filastrocca (quella cui si ispira il titolo), inesorabilmente sono uccisi.
Nel libro Scienziati di ventura, edizione Cuec, scritto da due giornalisti scientifici, Andrea Mameli e Mauro Scanu, si raccontano le vicende di 19 giovani ricercatori sardi che, dopo aver tentato in più modi di trovare una collocazione nel nostro paese, sono, tutti, emigrati.
D'accordo, gli è andata meglio che ai protagonisti del giallo di Agatha Christie; ma per il nostro paese è una "scomparsa".
Speriamo provvisoria. Speriamo.
Margherita Fronte ha intervistato Andrea Mameli.

martedì 25 settembre 2007

Scienziati di ventura al parco tecnologico

presentazione pula Lunedì 8 ottobre presentiamo Scienziati di Ventura alla Biblioteca del Parco Tecnologico di Pula (Ca). Avremo alcuni ospiti di eccezionale valore: due protagoniste del libro (Rosaria Piga e Monica Mameli), il moderatore (Vito Biolchini), l'editore (Mario Argiolas). Ci saremo anche noi autori. Abbiamo invitato i ricercatori delle imprese e dei centri di ricerca del parco tecnologico e i dipendenti di Sardegna Ricerche (l'ente regionale che gestisce il parco). Sarà il contesto giusto per affrontare in maniera approfondita cause, effetti e tipologie delle (cosiddette) fuge di cervelli.

domenica 23 settembre 2007

In medicina la fuga è misurabile

Il New England Journal of Medicine, il 27 ottobre 2005, pubblicò un articolo di Fitzhugh Mullan intitolato The Metrics of the Physician Brain Drain. I dati, forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, mostrano che una quota compresa tra il 23 e il 28 per cento dei medici attivi in Australia, Canada, Gran Bretagna e USA, provengano da nazioni a basso reddito. L'articolo sottolinea che (nell’ambito di un programma finanziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) per il trasferimento di un professionista della salute il paese in via di sviluppo eroga al paese accogliente una cifra oscillante tra 200 e 250 mila dollari (per cinque anni). Questo significa che oltre l'impoverimento intellettuale (e alla dispersione dei capitali accumulati con la formazione) i Paesi d'origine devono anche pagare moneta sonante per permettere ai loro figli di espatriare.
The Metrics of the Physician Brain Drain. Results: International medical graduates constitute between 23 and 28 percent of physicians in the United States, the United Kingdom, Canada, and Australia, and lower-income countries supply between 40 and 75 percent of these international medical graduates. India, the Philippines, and Pakistan are the leading sources of international medical graduates. The United Kingdom, Canada, and Australia draw a substantial number of physicians from South Africa, and the United States draws very heavily from the Philippines. Nine of the 20 countries with the highest emigration factors are in sub-Saharan Africa or the Caribbean.

Related link:
Institute for Prospective Technological Studies: Europe and the Challenge of the Brain Drain
The IPTS Report is produced on a monthly basis (except January and August) by the Institute for Prospective Technological Studies (IPTS) of the Joint Research Centre (JRC) of the European Commission.
About the author. Sami Mahroum has a first degree in Political Science from the University of Oslo and a Masters degree in Science and Technology Policy from the University of Amsterdam. He worked as a Researcher on International Research Collaboration at PREST, University of Manchester, before joining the IPTS to work on issues related to the geography of knowledge flows through human capital. He is now also working towards his Ph.D. on the international mobility of scientists at the department of Geography at University College London.

Quanto costa la fuga dei cervelli?

Ieri sera, durante la presentazione del libro nella biblioteca comunale di Perdasdefogu (ottima iniziativa in un paese di appena 2 mila abitanti che da alcuni anni ha un'intensa vita culturale), si è parlato anche del costo dei ricercatori che lasciano l'Italia. Sul tema, il 29 gennaio 2007, nel blog del Forum PA, compariva un'acuta riflessione. La riportiamo sotto (nel titolo il link al sito originale).

Quanto costa la fuga dei cervelli
Ogni anno trentamila ricercatori formatisi in Italia emigrano all'estero in cerca, non di fortuna, ma semplicemente di una condizione lavorativa decente. Questa "fuga" ha un costo calcolato attorno agli 8 miliardi di euro l'anno, senza contare i danni per l'Università che perde gran parte della propria capacità di produrre innovazione e conoscenza. Proprio per arginare questa situazione drammatica i precedenti governi erano intervenuti a più riprese con una serie di provvedimenti tesi al "rimpatrio dei cervelli italiani". Stando alle statistiche dell'ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), però, questi interventi hanno giovato ben poco al mondo della ricerca italiana, permettendo il rientro solo di 466 riceratori, molti dei quali, oggi, sono nuovamente costretti a ripartire verso condizioni lavorative ed economiche migliori.
L'importo della borsa di dottorato, infatti, fissato nel 2000 non arriva ai 1000 euro netti mensili, tanto che l'ADI si è fatta portatrice di una proposta di legge per innalzarla a 1000 euro.
Viene da domandarsi come mai in una società in cui si parla di innovazione e di sviluppo come le leve su cui investire per aumentare la competitività, chi porta avanti queste attività viene penalizzato in maniera così evidente.
Se stai iniziando un dottorato di ricerca, o sei tentato di farlo questa guida fa per te. Se sognavi di fare il filosofo, il letterato o lo scienziato ed ora vivi nello scantinato del tuo dipartimento 24 ore al giorno e vorresti un’ora d’aria, anche. Se poi sogni di partire a spese dell’università verso mete esotiche per partecipare ad un convegno, potrebbe essere ancora questa la guida giusta. Se invece arrivando alla fine ti dovessi sentire preso in giro, allora non sorprenderti. Il dottorato funziona così.
(Dall'introduzione alla "Guida di sopravvivenza al Dottorato di Ricerca")