Sardegna e ricerca. Università, così si perdono i fondi di Beniamino Moro (L'Unione Sarda, prima Pagina, 11 settembre 2007)
In un documento presentato congiuntamente il 2 agosto dai ministri dell'Università Fabio Mussi e del Tesoro Padoa Schioppa, sono stati presentati gli impegni del governo per un "patto per l'università e la ricerca". L'impegno più significativo che viene evidenziato è che d'ora in avanti un terzo dei fondi incentivanti del ministero dell'Università verranno attribuiti ai singoli atenei sulla base dei risultati dell'attività di ricerca scientifica conseguiti da ciascuno di essi. I risultati della ricerca scientifica sono già stati misurati oggettivamente l'anno scorso da un organismo di valutazione nazionale, il Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca), che a breve sarà sostituito dall'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione dell'Università e della ricerca). Il patto proposto dai due ministri dovrà rafforzare la cultura della valutazione, adottando parametri oggettivi da sottoporre a verifica periodica, in modo da aprire spazi per la ricerca in piena autonomia di giovani ricercatori, attirare bravi studiosi dall'esterno, promuovere l'internazionalizzazione e incentivare la mobilità nazionale ed internazionale di studenti, ricercatori e professori.
Come si colloca l'Ateneo di Cagliari rispetto a questi problemi? Sarà in grado di perseguire gli obiettivi che il Ministro Mussi indica come irrinunciabili per il miglioramento qualitativo dell'Università italiana, tanto che al perseguimento di questi condiziona la futura assegnazione dei fondi? Alcune recenti vicende purtroppo non depongono favorevolmente. In un recente editoriale su questo giornale, Giuseppe Marci lamentava il fatto che valenti studiosi della nostra Università, che vengono accolti e valorizzati in programmi di PhD in America e in altre università internazionali, quando tornano non trovano più posto perché in molti casi il campo della ricerca è loro precluso e ogni spazio è occupato da quelli che sono rimasti, anche se di minor ingegno.
Altro caso che può essere citato è quello della Facoltà di Economia che non ha chiamato il vincitore di un concorso da essa stessa bandito, nonostante si trattasse di un economista di levatura internazionale, con PhD (Dottorato di ricerca) dell'Università di Stanford, al sesto posto nel mondo per la ricerca in economia. Tutte le università del mondo fanno a gara per accaparrarsi studiosi di questa levatura, per il prestigio e le relazioni scientifiche che essi sono in grado di promuovere e per la qualità dell'insegnamento di cui beneficiano gli studenti. La sua chiamata avrebbe dato ulteriore prestigio al nostro Ateneo e alle ricerche in campo economico, tenuto conto che la maggior parte dei lavori della Facoltà di Economia di Cagliari (6 su 9) ammessi con giudizio positivo nella recente valutazione nazionale dell'attività di ricerca (Civr) sono stati quelli del Dipartimento di Economia, dove questo studioso si sarebbe collocato. Così, la Facoltà avrà un bravo studioso in meno e meno fondi a disposizione. Se la nostra Università non si dota di una seria politica della ricerca, essa è destinata a finire non in serie B, ma in serie C o nel torneo dei dilettanti.
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