Uno dei grandi guai della Sardegna in un libro Cuec di Andrea Mameli e Mauro Scanu.
Di Paolo Maccioni
Esiste un patrimonio in Sardegna, ma anche nel resto d’Italia, che non è tutelato da alcuna istituzione, ma anzi viene disperso con cronica e colpevole noncuranza: quello delle umane intelligenze. Un fenomeno bene illustrato nel libro "Scienziati di ventura", edito dalla Cuec nella collana Prospettive, dall’eloquente sottotitolo "Storie di cervelli erranti fra la Sardegna e il mondo". Curato dai giornalisti Andrea Mameli (nella foto) e Mauro Scanu, e arricchito dalla prefazione di Gian Luigi Gessa e dalla postfazione di Augusto Palombini, "Scienziati di ventura" raccoglie in forma di intervista le testimonianze di venti scienziate e scienziati sardi. Un campione rappresentativo di quel tesoro sottovalutato, costituito dai tantissimi “cervelli” che primeggiano in svariati campi delle scienze, ricercatori, neolaureati sardi che hanno fatto la scelta, molto spesso obbligata, di trasferirsi all’estero per poter realizzare i propri progetti di ricerca. Quindici degli intervistati vivono e lavorano tuttora all’estero, altri cinque invece sono rientrati. Fra loro il compianto Giuseppe Pilia, che nella sua Ogliastra avviò ProgeNIA, il progetto di analisi dei tratti genetici connessi con l’invecchiamento.
Una saggezza, la loro, che esula dal campo specifico in cui brillano all’estero e che emerge dalle interviste sapientemente condotte dai due autori.
Per Carlo Boldetti, ad esempio, che consegue un dottorato in ingegneria meccanica nel Regno Unito e infine approda alla Renault dove progetta componenti della Formula Uno, non esiste solo il turismo. Ecco le priorità secondo l’ingegnere perché la Sardegna possa correre come una Formula Uno: "tagliare le spese, eliminare gli enti inutili, licenziare i dipendenti pubblici nullafacenti, punire corruzione, assenteismo e favoritismi; investire sulle piccole e medie imprese, investire sulla ricerca seria e applicata. Tassare i servizi ai turisti".
Il cordone ombelicale che lega i nostri scienziati alla terra madre pare come rafforzato dalla distanza. E si esprime in forma di nostalgia, di rimpianto, di dolore per una Sardegna diversa da come potrebbe essere e che li ha spinti a lasciarla, di amore per ciò che la rendono unica. La geologa Angela Morando si chiede: "che cosa avrei potuto ottenere anche se fossi riuscita a lanciarmi nel mondo della libera professione: avrei dovuto passare la vita a firmare relazioni geologiche per i piani di lottizzazione che stanno distruggendo la mia Gallura?"
Eppure non si evidenziano solo luci ma anche ombre nei Paesi dove i nostri conterranei lavorano: «La Norvegia è un paese estremamente ricco, il più ricco per reddito nazionale lordo prodotto pro-capite insieme agli Stati Uniti e questa situazione ha prodotto uno stato di ‘viziati’ – considera Chiara Maria Portas. – Sono pochi i veri entusiasti della scienza disposti a fare sacrifici. Quindi è possibile che presto mi dovrò preparare a un nuovo cambio di rotta» prevede la neurologa sarda. O come le contraddizioni sottolineate da Andrea Cortis, ingegnere di Iglesias approdato nella San Francisco Bay Area: «Chi vive negli Usa non può ignorare le grandi contraddizioni di un Paese in cui si concentrano le migliori realtà scientifiche e culturali del mondo e contemporaneamente vi sono larghe fette della popolazione con scarsa alfabetizzazione, destinate a vivere tra povertà e criminalità. Preferisco non chiudermi nella torre d’avorio del mio laboratorio e prendere coscienza di quello che succede nella società.»
Da segnalare poi in "Scienziati di ventura" alcuni titoli di capitoli o paragrafi particolarmente felici, come "Contro lo stress ossidativo", titolo dell’intervista alla biologa Rosaria Piga che in Giappone conduce ricerche sullo stress ossidativo delle cellule, ma anche metafora della sua storia personale di peregrinazioni per lo Stivale culminata infine nella "fuga da un paese carente di persone serie e guidate da principi di onestà e lealtà". O ancora "Nessun dorma": paragrafo sulla neurologa Chiara Maria Portas che in Norvegia conduce studi sugli stimoli affettivi durante il sonno. Così pure "A volte ritornano" indovinato titolo del capitolo sugli scienziati rientrati in Sardegna grazie a borse, assegni, fondazioni. E sul tema del rientro, Augusto Palombini nella postfazione sottolinea come quella della "fuga dei cervelli" sia una questione spesso mal posta: il problema non sta tanto nel fatto che gli scienziati partano, quanto che il flusso avvenga in una sola direzione. Tantissimi vanno, nessuno o quasi viene.
In conclusione si può dire che "Scienziati di ventura" è il saggio che mancava per come fa luce sul tesoro dell’esperienza maturata da questi nostri conterranei eccellenti, ma soprattutto per come individua i mali che più nuocciono alla formazione e allo sviluppo della ricerca in Sardegna e più in generale in Italia.
A subire una perdita non sono solo la dottoressa Contu, la dottoressa Piga o i tanti carneadi, i talenti inespressi delle scienze che non sono mai partiti; non sono solo i singoli individui cui si tarpano le ali. Quando la mediocrità impedisce il cammino, nega i mezzi o scavalca chi ha talento e intraprendenza, ad essere danneggiato non è mai solo quest’ultimo. A perderci è la comunità intera che deve rinunciare al suo talento. Finché questa consapevolezza non si radica in modo diffuso e profondo continueremo a farci del male senza accorgercene. "Scienziati di ventura" è un ottimo strumento per spargere questo seme e farci riflettere sul destino della nostra isola.
Andrea Mameli, Mauro Scanu: "Scienziati di ventura" (Cuec 2007, collana Prospettive, pp. 147 Euro 11,00)
Nessun commento:
Posta un commento